Solipsia Whispers: “Mulholland Drive” di David Lynch

Non mi ritengo uno di quei nostalgici che sostiene orgogliosamente la superiorità dei film del secolo scorso rispetto a quelli contemporanei. Tuttavia, credo che gli effetti speciali sempre più sofisticati stiano sostituendo la semplicità e la bellezza di un cinema simbolico, evocativo, che ha le sue radici nei formalisti russi degli anni ’20. Ma quel cinema non è morto, e ancora oggi il successo non sorride solo a chi spende più soldi, ma anche (e soprattutto) a chi riesce a tramutare una storia semplice in uno spettacolo emozionante, attraverso un continuo gioco di rimandi e di allusioni che tengono lo spettatore impegnato attivamente.

Non a caso, per il Whisper di questa settimana rimaniamo nel XXI secolo, ma parliamo di un film che, con la sua genialità, si è imposto agli occhi della critica come uno dei migliori di tutti i tempi.

Mullholand Drive è una pellicola del 2001 scritta da David Lynch, che viene definito dal Guardian come “il più grande regista di quest’epoca”. Artista totale, nasce come pittore e solo successivamente diviene regista, pubblicando anche diversi album musicali.
La sua genialità cinematografica sta nel calare la storia in una dimensione atemporale in cui lo spettatore non ha punti di riferimento ed è invitato a ricostruire gli eventi insieme ai personaggi.
Un filo sottile e invisibile tiene insieme la trama che però appare frammentata e misteriosa: non è la logica dei fatti che permette di capire il racconto, bensì la decifrazione dell’insieme dei simboli disseminati dal regista all’interno della vicenda.

 

A.O. Scott del New York Times, in una sua recensione del film, sostiene che, mentre alcuni potrebbero considerare la trama un “(…) reato contro l’ordine narrativo (…), il film è una liberazione inebriante dal senso, con momenti di sentimento tanto potenti da apparire emergenti dal tetro mondo notturno dell’inconscio.”

Quasi la totalità della pellicola, infatti, appare come un sogno della protagonista.

Diane è una donna tormentata dalla storia d’amore con Camilla, sofferente a causa della relazione intrattenuta con il regista Adam. Nel sogno, però, la storia appare diversa: Diane diventa Betty, attrice di successo che arriva a Los Angeles per i provini di un film e incontra Camilla, che è appena stata vittima di un incidente ed ha perso la memoria: non ricordando più neanche il suo nome, decide di presentarsi come Rita. Il regista Adam, invece, è in preda a delle sventure a causa di alcuni imprenditori cinematografici. Non mi dilungherò ulteriormente sulla trama che, come già detto, è molto frammentata e si presta alle più svariate interpretazioni. Lynch ha mantenuto il suo rifiuto di commentare il significato del film o di raccontarne i dettagli, probabilmente per evitare di limitare lo spettro interpretativo dello spettatore: tuttavia, in alcune edizioni DVD americane ha inserito all’interno del volume dieci indizi attraverso i quali decifrare il film.
Li ripropongo qui di seguito nel caso in cui il lettore volesse lanciarsi nell’esplorazione del senso proposto dal regista.

  1. Prestate particolare attenzione all’inizio del film: almeno due indizi sono rivelati prima dei titoli di testa.
  2. Fate attenzione alle apparizioni della lampada rossa.
  3. Riuscite a sentire il titolo del film per cui Adam Kesher sta cercando l’attrice principale? È menzionato di nuovo?
  4. L’incidente è un avvenimento terribile… notate il luogo dell’incidente.
  5. Chi consegna una chiave? E perché?
  6. Notate il vestito, il posacenere e la tazza.
  7. Cosa si prova, si comprende e si ottiene al club Silencio?
  8. Solo il talento ha aiutato Camilla?
  9. Notate le circostanze in cui si vede l’uomo dietro il Winkies.
  10. Dov’è la zia Ruth?

La grande suggestione delle immagini di Mulholland Drive, il sonoro e le musiche che svolgono un importante ruolo nella narrazione, costituiscono un’esperienza a livello profondo, sicuramente non paragonabile alla mera ricerca di un dipanamento della trama o di una ricostruzione temporale degli avvenimenti.

Volendo comunque fornire un’interpretazione del film, la più comune è basata sulla visione freudiana dello sdoppiamento della personalità e la relazione che essa intrattiene con il mondo onirico del sogno.

Secondo lo psicologo tedesco, questo sdoppiamento appartiene alla parte inconscia della nostra vita mentale e viene portato alla luce proprio nel sogno. Nella normalità, infatti, le nostre fantasie sono governate da un’istanza di censura (Super-io), che tuttavia viene attenuata dallo stato onirico, permettendo alle nostre pulsioni inconsce di proporsi in maniera deformata.
Ritornando al film, possiamo dedurre che la prima parte (nonché la più lunga) raffigurante il sogno di Betty sia la proiezione del desiderio inconscio della protagonista di vedersi realizzata nella sua vita e felice con la donna che ama. Ma Betty non è altro che il doppio di Diane, lo specchio che essa contrappone ad una realtà troppo triste per essere sopportata.

Ancora da Freud apprendiamo che il doppio venga definito come una seconda possibilità, un modo per tornare indietro nel tempo e recuperare tutto ciò che abbiamo lasciato sfuggire: in altre parole, è la realizzazione più alta di noi stessi, tutto quello che per nostra intemperanza, o per caso avverso, non siamo diventati. Ed è esattamente questo che Lynch mostra fino alla fine, quando la telecamera si addentra nella “scatola blu” e, improvvisamente, il quadro viene capovolto.
Il sogno finisce e la realtà si oppone brutalmente ad esso. Da questo momento il film mostra, con flashback e scene allucinatorie, il passato di Diane prima dell’inizio del sogno, in un finale cinico dove non c’è più spazio per illusioni o apparenze.

Lynch fa cinema così come scrive: le immagini, come la storia di base, sono semplici e lineari, ma le scene e la loro concatenazione risultano alquanto problematiche, in maniera tale da attirare l’attenzione dello spettatore e renderlo parte integrante del film.
Egli è chiamato attivamente a sondare la psicologia dei personaggi e le motivazioni che determinano gli eventi. Così, mentre dal punto di vista contenutistico il film è piuttosto intricato, dal punto di vista della fattura tecnica esso è tanto semplice quanto pregevole, e ricorda altri capolavori di Lynch come Strade perdute.

Il regista statunitense e Muhlloland Drive sono gli ultimi rappresentanti di un cinema d’autore che da troppi anni fatica ad emergere come in passato, durante l’epoca classica hollywoodiana, un periodo della storia del cinema in cui venne messa a punto e perfezionata una sorta di grammatica cinematografica, che prevedeva la creazione di pellicole dove lo spettatore si trovasse al centro del mondo. Ma soprattutto, prevedeva la scrittura del film secondo moduli espressivi propri dei singoli registi: in questo senso, Lynch rappresenta uno dei più alti contributi ancora esistenti di quel tipo di concezione di fare cinema.

D’altro canto, l’utilizzo di un mondo onirico e l’interpretazione freudiana che ne deriva mostrano un Lynch al passo con i tempi, che riesce a combinare al meglio la classicità con l’avanguardia, facendo scaturire dimensioni di significato inattese.

T.Supertramp