Un iperoggetto chiamato Coronavirus

Qualche giorno fa, riflettendo sugli avvenimenti globali in corso legati al Coronavirus, mi è capitato di concepire a riguardo un parallelismo con la teoria gli Iperoggetti. Dunque, ho scelto oggi di affrontare con voi tale analogia -probabilmente inedita- con l’intento di scovare nuovi punti di osservazione sugli eventi attuali e, di conseguenza, altrettanti spunti di riflessione. Partiamo dunque dal principio:

Cosa sono gli Iperoggetti?

Questa è la domanda che pone Timothy Morton nella prima parte del suo libro ​”Iperoggetti”. Una prima definizione sommaria può essere così sintetizzata: Gli Iperoggetti non sono semplici costrutti mentali (o ideali), ma entità reali la cui essenza ultima è preclusa agli esseri umani”. ​Procedendo nella lettura, ecco che Morton arriva ad individuare quello che per lui è l’esempio di Iperoggetto per eccellenza: il riscaldamento globale. Come anticipato, ​quello che -aggiungo io- può degnamente affiancarlo in questa particolare contingenza storica, ergendosi ad ulteriore esempio lampante di tali strane entità, è ​il virus Covid-19​. Ma procediamo con ordine: come prima cosa andiamo a comprendere, nella pratica, quali sono le caratteristiche di questi Iperoggetti e secondo quali criteri possiamo definirli tali.

[DISCLAIMER: Nella convinzione che sia nettamente più interessante far parlare il libro stesso piuttosto che parlare del libro, la prima parte di questo saggio -che ci servirà per addentrarci nel complesso mondo degli Iperoggetti, definendone proprietà e caratteristiche- è stata concepita attraverso la libera citazione deliberata di parti dell’opera di Morton. Ciò che mi preme realizzare e che cercherò per lo meno di restituire, attraverso un lavoro ragionato di “taglia e cuci”, è una sintesi, provando a mantenermi il quanto più fedele possibile al senso dei concetti che vengono descritti, molto più ampiamente, nel suo lavoro. Quindi, per una lettura più esaustiva e dettagliata, consiglio a chi si troverà interessato di procurarsi il suo libro “Iperoggetti”, edito in Italia da NOT Nero Editions]

Nello specifico, Morton evidenzia 5 caratteristiche fondamentali che, almeno in parte, condividono gli Iperoggetti: ​Viscosità, Non località, Ondulazione temporale, Phasing, Interoggettività.

  • Viscosità: sullo specchietto retrovisore di tutte le macchine americane campeggia uno slogan molto appropriato per i tempi in cui viviamo: GLI OGGETTI NELLO SPECCHIO SONO PIU’ VICINI DI QUANTO APPAIANO”. Sartre, dal canto suo, definisce il vischioso come “la qualità percepita da una mano che, immersa in un barattolo di miele, è come se iniziasse a dissolversi”. Non solo l’accesso agli Iperoggetti non avviene a distanza, ma diventa ogni giorno più chiaro che quello di “distanza” è solo un costrutto mentale e ideologico che ci protegge dall’eccessiva vicinanza delle cose. Il fatto che gli Iperoggetti ci siano vicini non li rende per questo meno inquietanti. A volte il riscaldamento globale non scalda: al contrario, si manifesta stranamente come freddo pungente o sotto forma di violente tempeste. La mia sensazione di calore sulla nuca è solo una rappresentazione distorta della mano calda del riscaldamento globale. Ci ha sempre fatto comodo pensare che la forma a U degli scarichi domestici fosse una comoda curvatura dello spazio ontologico, capace di portare in un ​Altrove​ qualsiasi cosa si gettasse in una dimensione completamente diversa, lasciando tutto pulito qui in superficie. Ora sappiamo come stanno le cose: invece che nella terra dell’Altrove, i rifiuti vanno a finire nell’Oceano Pacifico o in un impianto di trattamento delle acque reflue. Più faccio fatica a comprendere gli Iperoggetti, più scopro di esserne contaminato. Sono appiccicati sul mio corpo”.

  • Non località: Il principio di non-località ci dice che, al livello più profondo della realtà, non esiste nulla che possa essere detto “locale”. La località è un’astrazione. Questo concetto è, in realtà, un termine tecnico della teoria quantistica. Studiosi come Anton Zeilinger, partendo dal paradosso di Einstein, Podolsky e Rosen ​ne hanno dimostrato la valenza empirica:
    è possibile realizzare un insieme costituito da due particelle, caratterizzato da determinati valori globali di alcune definite proprietà osservabili. Si possono ottenere, in pratica, due particelle distanziate possedenti caratteristiche comuni, che comunicano coerentemente e istantaneamente tra loro in modo che siano descritte da uno stato quantico globale definito, pur mantenendo singolarmente carattere indefinito fino all’esecuzione di una qualsiasi misura. Ciò rimane vero senza alcun limite spaziale. (vi linko qui sotto una video-spiegazione accessibile anche a chi, come me, non si occupa di fisica quantistica) 

    L’esperimento, come detto, sarebbe valido per un punto situato a qualsiasi distanza – a due metri, due chilometri o due anni luce -. Stando alla teoria generalmente accettata prima di tali studi, ciò costituirebbe un paradosso e non potrebbe dunque accadere, poiché implicherebbe l’esistenza di segnali che viaggiano più veloce della luce; Zeilinger, tuttavia, ha dimostrato l’esistenza di fenomeni non-locali, trasferendo particelle intrecciate da un lato all’altro di Vienna, tra due isole delle Canarie e tra satelliti in orbita.
    Analogamente, possiamo dunque applicare lo stesso concetto alla teoria degli iperoggetti: le forti piogge sono semplicemente una manifestazione locale di un’entità più vasta che non posso vedere direttamente. Allo stesso modo, gli interferenti endocrini penetrano nel mio corpo attraverso la pelle, i polmoni, il cibo che mangio. “Fà pure a pezzi il tuo cappotto: non è lì che troverai il Capitale.”
  • Ondulazione temporale: Das Rad (2001)​ (“La Ruota”) è un cortometraggio animato con protagoniste due rocce che assistono all’ascesa e alla caduta del genere umano. Il tempo è accelerato per fare entrare chi lo guarda nell’ampia scala temporale delle rocce, che commentano laconicamente quello che accade attorno a loro. Di tanto in tanto, il tempo decellera e si adatta ad una prospettiva che è quella degli esseri umani. Ciò che resterà degli umani tra centomila anni saranno proprio i fossili; i nuovi “minerali” (come il cemento), creati con estrema velocità dagli umani (ne abbiamo raddoppiato il numero sulla Terra), che tengono ora in piedi strutture (grattacieli, cavalcavia, granato, grafene, mattoni), a quel punto non saranno altro che uno degli strati geologici. C’è un senso molto profondo per cui è più facile concepire il ​“per sempre” piuttosto che una finitudine molto grande. Il “per sempre” ti fa sentire importante. Centomila anni è un tempo che ti obbliga a chiederti se sei in grado di immaginare un centomila di qualsiasi cosa. Gli iperoggetti non durano per sempre: piuttosto, ci pongono al cospetto di una ​finitudine molto grande.​ Un bicchiere di plastica mi sopravviverà per quattrocento anni. Da una scatola reticolata, lo spazio tempo finisce per assomigliare a quello che Einstein battezzò -con grande fantasia- il ​“mollusco di riferimento”. G​li Iperoggetti emanano campi gravitazionali, all’interno dei quali vigono le regole della geometria non-euclidea. In mancanza di un software grafico in grado di deformare e stirare una griglia attraverso coordinate gaussiane e non-euclidee, la metafora del mollusco fu il massimo che Einstein poté concepire. Però, in un certo senso, è una metafora perfetta. Lo spazio e il tempo emergono dalle cose come filamenti di un polpo. In questo senso, gli Iperoggetti mettono fine all’idea che il tempo e lo spazio siano contenitori vuoti in cui vengono disposte cose.

  • Phasing: Phasing​ significa avvicinarsi e poi allontanarsi da una data pienezza. Gli iperoggetti sembrano andare e venire, ma questo andirivieni è dovuto all’accesso limitato che ne abbiamo. Ecco perché non si può vedere il riscaldamento globale. Per vederlo dispiegarsi con chiarezza, si dovrebbe occupare una porzione di spazio multidimensionale e questo, dal punto di vista dell’essere umano -che è tridimensionale– risulta impossibile. Un essere multidimensionale sarebbe in grado di vedere il riscaldamento globale come un “oggetto statico”. Questa constatazione ci sconcerta proprio come ai personaggi bidimensionali dei Simpson sconcerta il venire a conoscenza della terza dimensione.

    Occupando una porzione dello spazio delle fasi che non possiamo percepire direttamente, facciamo esperienza solo di alcuni suoi segmenti in un determinato momento. Ciò che percepiamo come lenta ricorrenza periodica di un evento celeste – come ad esempio un’eclissi o una cometa- è in realtà un’entità continua la cui traccia si mostra nel nostro spazio sociale e cognitivo per un dato lasso di tempo. Un processo è sì un oggetto reale, ma che occupa dimensioni diverse rispetto a quelle degli oggetti con cui interagiamo quotidianamente. “La tua faccia è la mappa di tutto ciò che ti è successo.”

    Immagine di un Attrattore di Lorenz nello spazio delle fasi
  • Interoggettività: si definisce Intersoggettivo” ciò che è comune a più soggetti o che riguarda la relazione tra di essi. Quella che definiamo intersoggettività è solo una piccola porzione di uno spazio interoggettivo molto più ampio. L’abisso che si spalanca davanti alle cose è interoggettivo. In altre parole, “l’intersoggettività” è solo un interoggettività osservata dal punto di vista degli esseri umani, che la delimitano per impedirne l’accesso ai non umani. Per fare un esempio, oggetti come lampadine, microonde, cavi, fusibili, computer, pannelli solari e prese elettriche sono distribuiti in maniera tale che l’energia fluisca tra essi nel modo più uniforme possibile. Se fossero disposti in modo diverso, se i circuiti fossero messi in serie piuttosto che in parallelo si comporterebbero diversamente: alcuni elementi non funzionerebbero, altri potrebbero addirittura esplodere. Scopriremo che tutte le entità sono interconnesse in un sistema interoggettivo, una “rete”. Quando un oggetto prende forma, è subito invischiato in una relazione con altri oggetti nella rete. 
    (artwork: La Cirasa)

    Pensiamo a una città: Le strade e i parchi di Londra, le persone che la abitano, i camion che la percorrono ​sono L​ondra, ma non sono riducibili ad essa. Londra non è un intero più grande che la somma delle sue parti, né è un entità riducibile ad esse. Allo stesso modo, Londra non è solo un effetto della mia mente, un costrutto umano. Londra non esiste solo quando penso a Londra o scrivo questa frase su Londra. Londra non può essere “ricondotta” agli effetti di un qualche processo (umano) come pensare, guidare o scrivere saggi. “In questo senso scrivere di musica è davvero come ballare di architettura.”

ŞmpŁø-π​ dei dTHEd, tratto dal loro album Hyperbeatz Vol 1

 

IperCovid-19: l‘altra faccia del virus

Se siete arrivati fino a qui significa che siete stati inesorabilmente attratti dal richiamo degli Iperoggetti. Proseguiamo quindi nella seconda parte di questo saggio, indagando sul recente Virus Covid-19 e sulle sue implicazioni nella nostra quotidianità, attraverso la lente deformante propria degli Iperoggetti.

Da quando il virus è entrato di fatto a far parte delle nostre vite, per diretto contagio o solo in quanto minacciosa ed invisibile presenza, tutti noi ci siamo ritrovati a dover fare i conti con una situazione di straordinaria gravità ed estensione. Certo, dai libri di scuola abbiamo potuto apprendere echi di analoghe pandemie, forse anche peggiori, che hanno imperversato nei secoli passati – penso ad esempio all’influenza Spagnola o alla Peste Nera – ma nessuno sulla faccia della terra ha memoria​ diretta​ di un simile evento di questa portata. Ci troviamo ad affrontare l’ignoto.

I virus ed i batteri, tuttavia, sono sempre esistiti, vivono e si riproducono accanto a noi in continuazione ad un ritmo irrefrenabile. Sono “​vischiosi”, c​i rimangono appiccicati addosso nel senso più letterale del termine, trasformandoci così nei vettori della loro propagazione. D’altronde, quanto è stato comodo per ognuno di noi – dagli albori di una misteriosa malattia che si stava diffondendo a Wuhan, nella provincia dell’Hubei, fino alla soglia della quarantena nostrana – rapportarsi al virus come ad un ​“Altrove” ​lontano, quasi metafisico, di certo slegato dalla contingenza della nostra quotidianità. Abbiamo imparato, a nostre spese, che il virus abita una ​”non località”, ​che è al contempo ovunque e da nessuna parte. Inaccessibile ai nostri sensi, tentiamo così di dargli forma attraverso le immagini strazianti degli ospedali al collasso e di anonimi individui mascherati che si aggirano per metropoli deserte. Nell’isolamento dei contagiati, nel cosiddetto metro di “distanziamento sociale”, abbiamo sperimentato un diverso tipo di ​“interoggettività”​ nella relazione tra i nostri corpi. I ritmi biologici di vita dell’​homo oeconomicus ​all’interno della civiltà capitalista sono stati stravolti dallo scontro con la temporalità dell’agente patogeno. Questo scontro fra il tempo emanato da due diverse entità ha prodotto un intersezione temporale (motivo per il quale ci troviamo tutti reclusi nelle nostre abitazioni), che possiamo descrivere attraverso il fenomeno di ​“phasing”: q​uanto più un’entità si ritirerà, tanto più la rimanente si farà presente. Domande come “Quando finirà tutto questo?”, dette a fil di voce, lasciano trapelare il senso di annullamento del presente, che ci pervade e ci costringe a pensare proprio in termini di una ​finitudine molto grande,​ la cui data di scadenza è a tutti noi sconosciuta. Questo è, purtroppo, un processo che non possiamo predire e di cui non possiamo farci carico, se non in termini di contenimento e cura.
D’altronde, ciò che dovremmo metterci bene in testa, agendo di conseguenza, è stato proiettato a caratteri cubitali su un palazzo di Santiago de Chile:

“Non torneremo alla normalità perché la normalità era il problema”.

Mors