Quando la censura comincia dalla scuola: la nuova dittatura capitalista

Inghilterra, anno domini 2020: parlare di anticapitalismo a scuola sarà perseguibile penalmente. È questo il contenuto delle nuove linee guida del dipartimento dell’Istruzione britannico. Le scuole -si legge nel documento- non dovrebbero in nessun caso utilizzare materiale prodotto da organizzazioni che assumono posizioni anticapitaliste. Questo anche nel caso in cui il materiale non abbia in sé contenuti estremi, poiché il suo utilizzo potrebbe in ogni caso sottintendere l’approvazione o implicare il supporto dell’organizzazione”. Il governo inglese, guidato del conservatore Boris Johnson, attua così un odierno Bücherverbrennungen”, il rogo dei libri messo in atto nel 1933 dal regime nazista.

Le cosiddette Bücherverbrennungen (in italiano “roghi di libri”), roghi organizzati nel 1933 dalle autorità della Germania nazista, durante i quali vennero bruciati tutti i libri non corrispondenti all’ideologia nazista.

A distanza di ben 87 anni,  nella succursale europea del paese delle “libertà” (per chi ha i soldi per permettersele), il modus operandi della classe dominante si rivela pressoché invariato. Censurare e reprimere, ecco il binomio che la leadership inglese ha maturato in quasi un secolo di storia. Eppure la stessa storia britannica, come gran parte della storia del secolo scorso, è segnata proprio dal rifiuto di quel sistema fatto di oppressione e sfruttamento, che si cerca ora di imporre a suon di decreti e guide ministeriali. Nulla di così sorprendente comunque, nella patria che ha fatto suo il motto thatcheriano del “there is no alternative”. Eppure, alla luce dei fatti viene da chiedersi: come può essere solido un sistema che, per preservarsi ha bisogno di ricorrere alla censura verso chi lo critica? Dov’è ora la così tanto decantata “libertà di espressione”, diritto fondante di ogni ordinamento di tipo democratico?

Sarà forse che essa vale solo a condizione che non si metta in discussione, in maniera radicale, lo stato di cose presenti? Il tentativo di criminalizzazione che si sta tentando di mettere in atto nelle scuole britanniche pare andare in questo senso. E, non a caso, si comincia dalla scuola. Essa, pur essendo il primo vero strumento nelle mani degli individui per conoscere e prendere consapevolezza del mondo che li circonda, rappresenta anche un formidabile dispositivo di indottrinamento ideologico da parte della classe dirigente.

“Le scuole giocarono un ruolo importante nel disseminare le idee naziste tra la gioventù tedesca: mentre i censori toglievano certe letture dalle classi, gli educatori tedeschi introducevano nuovi testi che insegnavano agli studenti l’amore per Hitler, l’obbedienza allo Stato, il militarismo, il razzismo e l’antisemitismo. Dopo il 1933, il regime nazista eliminò dalle scuole pubbliche tutti gli insegnanti Ebrei o quelli che venivano ritenuti “politicamente inaffidabili”.

                                                                                              [Da: Enciclopedia dell’Olocausto]

Una pagina tratta da “The Poisonous Mushroom”, uno dei numerosi libri antisemiti per bambini, pubblicati dall’editore del nazista Julius Streicher, chiamato “Der Stürmer-Verlag”. Il testo dice: “Il naso degli ebrei è storto sulla punta. Sembra il numero 6.”

I risvolti di tale approccio sono inoltre svariati e concatenati: ad esempio, siamo continuamente tormentati dallo spettro dell’imminente disastro ecologico, eppure ancora oggi fatichiamo a dire forte e chiaro che è il sistema capitalista ad averci condannato a tutto ciò. È come se ci imbarazzasse ammetterlo o, per meglio dire, sappiamo che è così, ma ci comportiamo come se non lo fosse: ideologia allo stato puro. Gli addetti ai lavori britannici questo lo sanno bene e, non a caso, hanno mirato sul sistema scolastico. Come ha notato acutamente lo scrittore inglese Mark Fisher, la scuola, insieme al lavoro, gioca sicuramente un ruolo importante nell’introiettare e naturalizzare i valori fondanti su cui esso poggia:

Molte persone considerano ridicolo ciò che gli viene chiesto di fare sul lavoro, e si chiedano perché mai debbano farlo. La risposta ci mette di fronte al realismo capitalista: <<Bè, insomma, oggi le cose vanno così. Naturalmente noi non crediamo sul serio a questa roba, però dobbiamo adeguarci>>. All’ideologia non occorre altro. Non c’è nessun bisogno che siate davvero convinti nel vostro intimo: basta semplicemente agire come se ci credeste. Si tratta di un aspetto che ha in parte determinato la nostra concezione dei fini dell’istruzione. Oggi l’istruzione deve essere determinata dalle esigenze del business. Naturalmente è una tendenza che è sempre stata presente, ma che ormai non è più contestata da nessuno.

                                                                          [M.Fisher: “Il nostro desiderio è senza nome”]

È importante cogliere determinati segnali, perché questi ci permettono di individuare una tendenza. È fondamentale agire tempestivamente, prima che sia troppo tardi, contro questo tipo di imposizioni cognitive, muoversi in favore di un’autonomia che permetta a chi la scuola veramente la fa e la vive -studenti, insegnanti, bidelli, tecnici e personale vario- di potersi emancipare intellettualmente, attraverso la libera fruizione di qualsiasi contenuto. Sarà fondamentale riuscire a respingere questo attacco silente, per tornare a pensare alla scuola come una fucina di saperi vivi e autonomi, in grado di costruire nuovi, futuri sentieri, che ci indichino la via per uscire da questo presente incerto.

Artwork: Matissec

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