SANITÀ: DIRITTO DI TUTTI O PRIVILEGIO DI POCHI?

A pochi mesi dal termine della quarantena e della fase acuta della pandemia di Coronavirus in Italia, i dubbi riguardanti la gestione sanitaria nazionale durante l’emergenza (e non solo) riecheggiano soventi nei dibattiti pubblici e nelle bacheche social. Al di là della comprensibile impreparazione umana alla gestione di un evento inedito di tale portata, restano comunque evidenti le conseguenze delle scelte adottate, mentre emergono, con sempre più frequenza, oscure narrazioni e responsabilità individuali, dettate dallo sciagurato rapporto fra politica, privati e sistema sanitario nazionale.

Un po’ di storia…

Per capire le cause che hanno portato alla disastrosa gestione dell’emergenza sanitaria da Covid-19 dobbiamo innanzitutto analizzare le radici storiche da cui esse dipendono.

L’articolo V della costituzione italiana recita:

La Repubblica, una e indivisibile, riconosce e promuove le autonomie locali; attua nei servizi che dipendono dallo Stato il più ampio decentramento amministrativo; adegua i principi ed i metodi della sua legislazione alle esigenze dell’autonomia e del decentramento.

Questo articolo è ciò che dà avvio alla nascita delle autonomie regionali: la possibilità, concessa dallo Stato alle regioni, di occuparsi di alcuni servizi principali essenziali come la scuola, i trasporti e -appunto- la sanità, in autonomia rispetto alle direttive statali.

Questa norma non tiene però conto delle differenze, a livello di welfare regionale, che attraversano lo stivale. Le possibilità di credito, infatti, variano enormemente da regione a regione. Ed è proprio questa differenza di ricchezza che, nelle regioni più svantaggiate e con un forte rischio di infiltrazione mafiosa, ha dato avvio allo smantellamento e/o alla privatizzazione di parte della sanità pubblica per far fronte al vincolo del pareggio di bilancio. Altre regioni (quelle più ricche), il Veneto, l’Emilia Romagna e la Lombardia si spingono oltre e chiedono l’autonomia differenziata: si avvalgono cioè del terzo comma dell’articolo 116, che stabilisce che le regioni con i bilanci in ordine possano chiedere di vedersi assegnate ulteriori e maggiori competenze rispetto a quelle previste normalmente per le regioni a statuto ordinario. Questo ordinamento, però, è ben lontano dal principio di solidarietà e dal diritto del cittadino di essere curato nella stessa maniera -e con la stessa qualità- indipendentemente dal fatto che egli nasca a Reggio Emilia o a Reggio Calabria.

Insomma, più che autonomia differenziata questa sembra più essere una “secessione dei ricchi”.

Le firme di Veneto, Emilia Romagna e Lombardia per gli accordi preliminari di autonomia differenziata


Quanto ha guadagnato con l’emergenza Covid-19 la sanità privata nel nostro paese?

Questa è la domanda che da avvio a l’affaire covid”, l’inchiesta di Report firmata da Paolo Mondani e Giorgio Mottola, andata in onda qualche settimana fa. E’ praticamente impossibile stilare dati completi sulla totalità dei guadagni del settore privato durante il periodo Coronavirus. Tuttavia, è facile notare come, negli ultimi anni, i dati riguardanti il sistema sanitario nazionale evidenzino un progressivo smantellamento della sanità pubblica in favore di quella privata.
Per fare qualche esempio:

  • nella regione Lazio la sanità costa ai contribuenti più di 10 miliardi di euro; di questi 10 miliardi, al settore privato ne vanno 5.8, ovvero il 54 % del totale.
  • Il 95% delle RSA (Residenza Sanitaria Assistenziale), gli stessi rivelatisi i maggiori epicentri di contagio del Covid-19, sono in mano a privati accreditati.
  • In Lombardia, regione maggiormente colpita dall’epidemia, la giunta regionale di centro-destra, guidata da Roberto Formigoni, ha consegnato la sanità della regione nelle mani dei privati.
    Nel frattempo,
    Humanitas e Gruppo San Donato -due colossi della sanità privata operanti nella regione Lombardia- hanno raddoppiato i loro utili in questi anni. Nel solo 2018, il gruppo Humanitas ha fatturato 1 miliardo di euro: entrate che dipendono quasi interamente dai soldi pubblici elargiti dalla regione Lombardia. Il gruppo Humanitas è di proprietà dei fratelli Paolo e Gianfelice Rocca, ottavi nella classifica degli uomini più ricchi d’Italia. Tramite diverse società prestanome, gli utili dell’azienda ricavati dai soldi pubblici della Lombardia approdano nei paradisi fiscali dell’Olanda. Intervistato, l’attuale Presidente della Regione Lombardia Attilio Fontana, ha affermato che “I privati i soldi li spendono come vogliono”. Poche settimane dopo, il suo nome risulta nel registro degli indagati per un caso di frode, ma ci arriviamo dopo. Intanto, le morti totali per Covid-19 in Italia sono attualmente 35.097 ed il rischio di una nuova emergenza alle porte non è affatto remoto.
Bergamo: camion militari trasportano centinaia di defunti per Covid-19


Cherry Picking: cogliere il frutto più succoso.

I fatturati e la competitività della sanità privata rispetto a quella pubblica non dipendono da una maggior competenza o da una migliore gestione delle risorse… tutt’altro. I servizi erogati dalla sanità privata vengono infatti accuratamente scelti tramite una procedura detta Cherry Picking (letteralmente: raccogliere le ciliegie), un processo che si basa sulla diversa redditività dei servizi sanitari. Per intenderci: alcuni reparti, come ad esempio l’oncologia o la cardiochirurgia, sono altamente redditizi; altri -come ad esempio le terapie intensive o il pronto soccorso- costano un’enormità. Nonostante essi risultino tutti fondamentali per un buon servizio sanitario, il settore privato eroga le sue prestazioni soltanto negli ambiti più redditizi -i cui profitti sono maggiori delle spese- selezionandoli, appunto, tramite la tecnica dello Cherry Picking. La sanità pubblica, ciclicamente martoriata e definanziata negli ultimi anni, è invece tenuta a ricoprire ogni reparto sanitario, a prescindere dai costi. Si spiegano così molte cose sulla presunta “qualità del privato”…

La pratica dello Cherry Picking, i grossi finanziamenti statali, l’assegnazione di appalti e la discutibile gestione finanziaria (talvolta fraudolenta) dei grossi gruppi commerciali non rappresentano, tuttavia, le uniche criticità della questione: è importante sottolineare come molte realtà private operanti nella sanità siano legate a doppio filo, in maniera illecita, con personaggi delle istituzioni. Come dicevamo, l’ultimo esempio in ordine di tempo è quello che vede coinvolto il presidente della regione Lombardia Attilio Fontana, recentemente indagato dalla magistratura per frode in pubbliche forniture. Secondo le ricostruzioni dei pm, quest’ultimo avrebbe infatti favorito la partecipazione e gli interessi dell’azienda di suo cognato nella compravendita di materiale sanitario, destinato al servizio ospedaliero lombardo durante l’emergenza Coronavirus. Un classico all’italiana.

Attilio Fontana


Diritto di tutti o privilegio di pochi?

Questi sono solo alcuni degli aspetti di un problema complesso e variegato, che è però di vitale importanza per ogni cittadino. Con il diffondersi del Covid19, le conseguenze di tale condizione si sono infatti rivelate in tutta la loro pericolosità, facendo emergere la sacrosanta necessità comune di ripensare l’organizzazione sanitaria o, quantomeno, trovare soluzioni differenti. Proveremo quindi ad avanzare qualche proposta, anche perché la fallacia delle autonomie regionali e/o differenziate ha evidenziato quanto possa essere superficiale e inefficace pensare di poter sistemare le cose rattoppando o favorendo il sistema attuale.

Traspare l’urgenza di risolvere il problema alla radice, andando a ridiscutere interamente l’articolo V della Costituzione: unificando cioè la gestione della sanità a livello statale e permettendo così che i livelli di qualità sanitari siano identici in ogni parte dello stivale, favorendo uno sviluppo che non lasci nessuno indietro. A questo si deve sommare una completa ridefinizione dei rapporti tra pubblico e privato e dei finanziamenti ad essi dedicati. Personalmente credo che la sanità, come diritto fondamentale dell’uomo, non debba essere soggetta ad alcun tipo di speculazione o profitto e che il suo unico obiettivo debba essere il bene e la salute del paziente. Ritengo quindi che la sua gestione dovrebbe essere tolta dalle mani dei privati ed affidata completamente alla res pubblica: un grande passo avanti in questo senso potrebbe essere rappresentato dall’attuazione di una diversa pianificazione sanitaria, che pensi nell’interesse del bene comune e non del profitto. Parificare quindi i costi tra il pubblico e il privato, impedendo pratiche disoneste e truffaldine come quella dello Cherry Picking ed eliminando i rapporti economici di comodo.

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Artwork: Matissec