Beyoncé e Ivy Park: Celebrare tutte le donne, eccetto quelle che passano le giornate a cucire magliette

Ivy Park è la linea di abbigliamento fondata nel 2016 dalla cantante Beyoncé. Lo slogan dell’azienda lanciata in pompa magna dalla stessa cantante e fondatrice è quello di “celebrare ogni donna e il corpo in cui si trova, cercando sempre di essere migliore”.

Peccato però che, a quanto pare, questo slogan non valga per le lavoratrici dello Sri Lanka, che producono proprio questi capi, per 64 cent l’ora.

Infatti una inchiesta del 2016 dal tabloid inglese The Sun ha messo in luce come, attraverso diversi subappalti, l’azienda Ivy Park produca i suoi capi nelle fabbriche MAS Holdings in Sri Lanka dove le operaie della fabbrica -anch’esse, sulla carta, “donne, con corpi da celebrare, nel tentativo di essere sempre migliori ecc…”- vengono brutalmente sfruttate.

Oltre alla paga da fame si aggiungono le condizioni disumane nelle quali le lavoratrici sono costrette a vivere: docce in comune con gli uomini, coprifuoco la notte, libertà limitate e l’impossibilità per le lavoratrici di unirsi in associazioni sindacali per far sentire la propria voce.

Dopo le accuse mosse, il marchio ha risposto di essere “orgoglioso del loro rigoroso programma etico” pur ammettendo di non poter assicurare altrettanto per i propri fornitori e perciò non smentendo, di fatto, i risultati dell’inchiesta.
Insomma, vista così, pare proprio che la colpa sia di quei “cattivoni” dei fornitori e che la povera Beyoncé e l’azienda che rappresenta sia una novella “Cenerentola” all’oscuro di tutti questi brutti fattacci.

Ci chiediamo allora perché l’azienda Ivy Park scelga di produrre i propri capi proprio in Sri Lanka, paese in cui le regolamentazioni sui diritti dei lavoratori sono quasi, se non del tutto, assenti.

Badate bene: le accuse mosse ad Ivy Park rappresentano in realtà lo standard nel mondo della moda, su questo non c’è dubbio; quel che però ci fa sinceramente incazzare è la celebrata ipocrisia a monte di tutto ciò, ovvero la falsa coscienza esposta appieno nello slogan “Celebrare ogni donna…”
Quel “ogni” stride come una coltellata e si frantuma a contatto con il mondo reale.

Perché al netto di ogni slogan e retorica liberal, buona forse per i cartelloni pubblicitari e per aumentare i fatturati dell’azienda, la realtà è che l’umanità non è tutta uguale. Il corpo di una donna che lavora 12 ore in fabbrica non è uguale al corpo di chi passa le giornate tra palestre, spa e centri estetici.

Il corpo di una donna che mangia poco o niente da giorni non è uguale al corpo di chi ingurgita smoothies e centrifugati allo zenzero ed aloe: il divario che le separa è immenso. E’ il divario tra chi non ha niente se non sé stesso e chi invece si è arricchito sfruttando il lavoro altrui. Il solo modo per “cercare di essere migliori” per il primo schieramento è andarsi a prendere, insieme, tutto.

P.S. A breve dovrebbe uscire la nuova collezione Ivy Park x Adidas: facciamo un bel gesto di civiltà, vendichiamo la paga-furto dalle operaie in Sri Lanka, boicottiamone il commercio. (O rubatene quanti più capi possibile se volete, ma non dite a Beyoncé ed Adidas che ve lo abbiamo detto noi!)

Mors