L’Albatro n.8: “Foggia: Terra e Sangue”

Non tornare più, non ci pensare mai a noi, non ti voltare, non scrivere. Non ti fare fottere dalla nostalgia, dimenticaci tutti.”

“Nuovo Cinema Paradiso”, Giuseppe Tornatore – 1988

Mare e monte, l’uno stagliato dinnanzi all’altro. Terra bella la Daunia, bella e maledetta. Le lampare procedono lentamente verso l’orizzonte albeggiante, la luce è languida. L’asino risale la collina con incedere flemmatico, quasi indolente. Il vecchio dondola con lui, senza fretta. Terra d’amore, terra d’odio. Il sole bacia il terriccio tutti i giorni, fa nascere la vita. La neve arriva abbondante, anche se siamo al Sud. Dualismi aleggiano nell’aria vorticosa: il bimbo nasce senza futuro, il giovane cresce sapendo di dover andar via. Il più presto possibile. Non guarda indietro, scappa il più lontano possibile, qui non c’è niente per lui: qui non c’è niente per crescere. Amara terra, condannata a te stessa. Forse un giorno riuscirai a librarti in volo, ma io, probabilmente, non ci sarò.

La Provincia di Foggia è la terza provincia italiana per estensione, comprendendo ben 61 comuni. Tra la Campania e il Mar Adriatico si estende, allungando le sue braccia verso il blu del Mediterraneo. La Capitanata (precisamente il Gargano) è la terra in cui affondano tutte le mie radici: la mia famiglia ha origini in questo territorio, e qui sono cresciuto prima di fuggire verso altri lidi. Ho avuto, quindi, il modo di conoscerne profondamente le bellezze e gli angoli nascosti, ma anche, purtroppo, tutte le brutture e le contraddizioni celate dietro ogni angolo. Una terra bellissima, ma purtroppo ancorata a logiche perverse, che siano politiche, sociali o criminali (realtà spesso legate tra di loro). Negli ultimi mesi la cronaca nazionale si è focalizzata sulla città capoluogo di provincia, in seguito ad alcuni attentati legati alla criminalità organizzata locale, la cosiddetta Società Foggiana.

 

Attentato in via D’Aragona, periferia di Foggia

E’ il 3 Gennaio del 2020 e a Foggia si contano già tre attentati e un omicidio, a soli tre giorni dall’inizio dell’anno. Le bombe sono esplose durante i festeggiamenti di Capodanno, nell’indifferenza generale: due bar sono stati fatti saltare in aria, uno nel centro e uno nella periferia della città. Il giorno successivo altri tre atti incendiari, questa volta nella provincia, tra l’hinterland foggiano e il territorio garganico. Uno degli obiettivi degli attentati è Cristian Vigilante, proprietario del gruppo Telesforo, operante nelle case di cura, oltreché testimone in un’inchiesta della DDA contro la Società foggiana. Sempre il 2 Gennaio, mentre i festeggiamenti venivano turbati dalla paura delle bombe, Roberto D’Angelo, 53enne foggiano, viene freddato con due colpi di pistola fra le vie del centro cittadino. Era già stato vittima d’intimidazione tre anni fa, nel 2016. L’ombra del racket, delle minacce e delle estorsioni si estende in tutta la zona, svelando una realtà bollente: un’aria di conflitto, celato per tempo dall’apparente normalità di un territorio sempre più smembrato dalle logiche criminali.

Di fatto, questi avvenimenti hanno portato all’attenzione nazionale la questione della Quarta mafia: una denominazione ottenuta seguendo l’ordine cronologico di nascita delle realtà mafiose italiane, ma che può ingannare, poiché identifica un’organizzazione che non ha nulla da invidiare alle corrispondenti nazionali più conosciute, che infestano da decenni il tessuto sociale della penisola (e di tutto il mondo). Una vera e propria rete organizzata, che ricava i suoi proventi da diversi mercati illeciti: dal racket alla prostituzione, dal traffico di sostanze stupefacenti al caporalato, dalle rapine al gioco illegale, dall’usura al riciclaggio di denaro sporco. Tuttavia, per comprendere profondamente le logiche interne di questo territorio, è opportuno stabilire le dovute distinzioni.

La mappa della distribuzione dei clan criminali familiari all’interno della provincia di Foggia (fonte: rapporto semestrale 2019 DIA)

Come si evince dalla mappa, la diffusione della criminalità di stampo mafioso all’interno del territorio foggiano risulta eterogeneamente suddivisa in tre macro-aree, in cui operano, rispettivamente, tre organizzazioni differenti, ma collegate tra di loro: la mafia garganica, la Società foggiana e la malavita cerignolana. D’altronde, la provincia foggiana è un territorio molto esteso ed eterogeneo, in cui vi sono influenze storiche diverse. Ciò, evidentemente, si riversa anche nel mondo criminale, in cui gli affari vengono gestiti, almeno all’apparenza, separatamente: le varie realtà, pur essendo “indipendenti” nel proprio territorio, mantengono buone relazioni incrociate tra di loro e, ulteriormente, anche con le altre mafie, come la ‘ndrangheta e la camorra. Di riflesso, negli anni, questa rete ha permesso lo sviluppo di “ottime” relazioni anche in Europa, con collegamenti, ad esempio, con i porti olandesi.

Ma andiamo con ordine.

La Società foggiana prende le sua origini dalla Sacra Corona Unita. Non a caso è considerata, a livello nazionale, una delle mafie più potenti e violente. Per comprenderne la taratura potremmo citare le parole di Roberto Saviano, che la definisce come: “La mafia più ignorata dai media, potentissima ed efferata”.
Nata tra gli anni ’80 e ’90 del secolo scorso, deve il suo controllo totale sul territorio ad un clima di terrore psicologico e fisico, legato alla capacità di proteggere i propri affari: in una dichiarazione del 2016, l’ex questore di Foggia sostenne che, tra le attività cittadine, l’80% dei commercianti è vittima di racket. Negli anni, questa realtà è stata capace di sviluppare relazioni importanti nel mondo della criminalità. Fondamentale, fra i tanti fattori, è stata l’influenza della NCO (Nuova Camorra Organizzata) di Raffaele Cutolo, che ne ha plasmato le strutture organizzative: la mafia foggiana ha una gestione piramidale che opera attraverso le cosiddette “batterie”, diffuse in tutta la provincia. Negli anni, è stata capace di creare il panico nella città: solo per citarne alcuni, dal 1 Gennaio 2002 al 25 Novembre 2004 furono commessi 101 omicidi.

Il caporalato è una delle più proficue fonti di guadagno della mafia foggiana: nella foto, due braccianti si recano presso la baraccopoli di Borgo Mezzanone.

A 37 km di distanza da Foggia sorge Cerignola, nota nelle cronache nazionali come il centro nevralgico di una potente criminalità. Non a caso, la realtà criminale cerignolana pare non aver minimamente risentito dei recenti sconvolgimenti nel capoluogo dauno. Citando il rapporto semestrale della Direzione Investigativa Antimafia:

 “I punti di forza di questa mafia sono rappresentati da un elevato controllo del territorio, capacità di diversificare le attività illecite da cui provengono le ingenti risorse finanziarie, notevole disponibilità di mezzi e uomini armati, nonché un efficace sistema di schermatura dei proventi illeciti. E’ una mafia degli affari, sempre meno legata ad una struttura rigida basata su vincoli familiari.”

Le principali azioni malavitose di questa realtà gravitano attorno ai furti di auto e mezzi pesanti, con un “talento speciale” nei furti ai portavalori, commessi in tutta Italia. Inoltre, Cerignola costituisce uno snodo cruciale per la diffusione di sostanze stupefacenti in tutto il territorio nazionale (e non solo), per via della sua posizione geografica strategica.

Risalendo verso Nord ci imbattiamo nel promontorio del Gargano, esteso tra foresta e mare. Lo scenario criminale risulta cruento ed instabile, caratterizzato da guerre tra famiglie, patti di sangue, legami ancestrali e violente rappresaglie. La storica faida tra i clan Romito e Li Bergolis di Monte Sant’Angelo ha provocato un centinaio di morti nel giro di una trentina d’anni, piazzandosi tra le faide criminali più sanguinarie d’Italia. I vari clan sono legati alle diverse cittadine del territorio garganico, godendo di una forte influenza, sociale e politica, sulla vita locale, oltre che di un isolamento territoriale che permea tutti gli elementi di questa zona. I clan garganici gestiscono un ampio traffico di sostanze stupefacenti, essendo il Gargano un terminal strategico per le rotte dei suddetti, vista la sua strategica posizione (le coste croate e albanesi si trovano, infatti, a un’ora e mezza di navigazione). Il tessuto criminale locale risulta ben strutturato e connesso ai legami sanguigni, essendo anch’esso simile alle logiche ‘ndranghetiste e di Cosa Nostra.

Il 9 Agosto 2017, a San Marco in Lamis (Gargano), vengono freddati il boss Mario Romiti e suo cognat0, ma perdono la vita anche gli innocenti fratelli Luciani. (fonte: Open)

Quel che resta è il reale, la vita di tutti i giorni. Tutta questa violenza ha portato allo sviluppo di un ambiente avverso alla crescita, intesa in tutti i sensi possibili. Come parassiti maligni, queste realtà infestano e infettano il territorio, impedendogli di crescere. Le conseguenze sulla zona sono disastrose: è un luogo confinato nei propri limiti, fermo nel tempo, pregno di omertà. Una narrazione insita in tutte le realtà del Meridione, che vivono quotidianamente le stesse paure.

Tuttavia, non è tutto nero. Questa terra è animata da un sentimento di rivalsa, qualcosa che permette ai suoi abitanti di andare avanti nonostante le bombe, sia figurate che materiali. C’è un detto, nel dialetto del mio paese, che dice: “N’n pò jess mej chiù scaurd da mezzanott” (“non può essere mai più buio della mezzanotte”). È un’espressione di quel sentimento, quella consapevolezza di aver visto molto peggio, quindi la realtà non finirà per mangiarci. È la riflessione che vivono quotidianamente le realtà che in quel territorio credono profondamente: chi rimane coscientemente, facendo una scelta in favore dell’opzione più difficile, al contrario dei dettami imposti dalla società di oggi. A Foggia, nei giorni successivi agli attentati, i cortei organizzati da Libera hanno visto una partecipazione massiva da parte dei cittadini, dimostrando una forte volontà di esistere e resistere. Chi sceglie consapevolmente di restare ha il diritto di poter vivere la propria vita con coraggio: non bisogna lasciare sola questa gente che, vivendo in determinate realtà, lotta costantemente, ogni giorno.

È un dovere continuare a parlarne e, non a caso, per questa settimana L’Albatro mi ha riportato qui, perchè ogni tanto bisogna voltarsi indietro, non dimenticare e farsi fottere dalla nostalgia. 



Potete trovare tutte le informazioni utilizzate nella stesura dell’articolo nel rapporto semestrale del 2019 esposto dalla Direzione Investigativa Antimafia:(http://direzioneinvestigativaantimafia.interno.gov.it/semestrali/sem/2019/1sem2019.pdf)

Mister O
ph: Pio

One thought on “L’Albatro n.8: “Foggia: Terra e Sangue”

  1. Con L’Arbatro hai sorvolato la Puglia, riportando avvenimenti crudi e spaventosi, pur essendo lontano fisicamente; ma so bene che la tua mente viaggia per tornare sempre lì. Ho trovato questo articolo preciso e pantoclastico al punto giusto. Affonda e difendi sempre di più le tue radici, potresti essere uno dei pochi a farlo.
    Ps: tua madre dice di tornare a casa❤️

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