L’Albatro n.6: “Sardine – Il potere dell’incoscienza”

L’autunno del 2019, in Italia, verrà ricordato come “la stagione del risveglio di piazza” (soprattutto a sinistra dello scacchiere politico), in contrasto con il recente e sempre crescente populismo sovranista, in perenne tour elettorale. Sono state decine, infatti, le piazze occupate e rivendicate dalle “sardine“, il nuovo movimento di massa nato a Bologna il 14 Novembre.

D’altronde, storicamente le piazze rappresentano la principale forma d’espressione delle comunità sociali, in tutte le epoche e società: soprattutto negli ultimi due secoli, sono state lo scenario ed il collante delle più importanti lotte per la conquista di diritti civili e politici. Nel corso del Novecento, sono infatti innumerevoli gli esempi su cui potremmo puntare l’attenzione.
Tuttavia, nel 2019, la piazza rischia di diventare un contenitore svuotato del proprio significato, fine a se stesso: questo è uno dei pericoli che si corrono in una società atomizzata, tendente sempre più alla digitalizzazione dell’identità individuale e all’isolamento sociale.

Ma, come sempre, andiamo con ordine.

Corteo dei girotondini a Roma: al centro il regista Nanni Moretti, Gennaio 2002

26 Gennaio 2002, Milano. Ci troviamo davanti al Palazzo di Giustizia della città meneghina, luogo simbolo della magistratura italiana, sede storica del pool di Mani Pulite. Migliaia di persone si tengono per mano formando un enorme cerchio intorno all’edificio, girando ripetutamente attorno ad esso: è la prima manifestazione pubblica di quello che diventerà il Movimento dei Girotondi, una mobilitazione collettiva in contrapposizione al Governo Berlusconi II ed ai continui attacchi governativi del Silvione al sistema giudiziario. E’ il periodo delle leggi ad personam, dell’editto bulgaro (Berlusconi richiese di espellere dalla RAI Michele Santoro, Enzo Biagi e Daniele Luttazzi per “divergenze ideali”) e della guerra contro la magistratura. Quest’ultima, proprio in quei mesi, si difende tramite le parole di Francesco Saverio Borrelli, ex Procuratore generale presso la Corte d’Appello di Milano, che nel discorso inaugurale dell’anno giudiziario 2002 dichiara: 

“Ai guasti di un pericoloso sgretolamento della volontà generale, al naufragio della coscienza civica nella perdita del senso del diritto, ultimo, estremo baluardo della questione morale, è dovere della collettività resistere, resistere, resistere come su una irrinunciabile linea del Piave“.

Già dal Febbraio di quell’anno, tuttavia, il girotondismo inizia ad essere gradualmente inglobato nella galassia de L’Ulivo, rientrando nelle logiche parlamentari e perdendo, così, la propria carica propulsiva contro le logiche di potere del sistema berlusconiano.

Vaffa Day: Beppe Grillo arringa la folla di Piazza Maggiore, 8 Settembre 2007

8 Settembre 2007, Bologna, Piazza Maggiore. Il cielo è grigio, quasi bianco. Il Crescentone è gremito di persone, strette come sardine. E’ il giorno del V-Day di Beppe Grillo (V stava per “Vaffa”, da non confondere con la simbologia del buon vecchio Guy Fawkes), data d’inizio ufficiale della storia di piazza del Movimento 5 Stelle, che fino a quel momento si presenta ancora come un’idea informe, collettiva, in fase di concepimento.
La piazza grillina segue l’onda della campagna “Parlamento pulito”, inaugurata proprio dal comico genovese nel giugno 2005, che reclama l’esclusione dal Parlamento di 21 condannati in via definitiva.
Questa massa eterogenea, urlante, è la genesi di un nuovo partito politico, ma nessuno ancora ne è conscio: tutti, in quella piazza, prendono le distanze dal sistema politico in generale, non riconoscendo gli schieramenti politici tradizionali: destra e sinistra non esistono più. Si avverte un risentimento collettivo, sedimentato negli anni di non ascolto, soprattutto nell’elettorato giovanile. È il momento dello sfogo, in uno dei luoghi simbolo della sinistra italiana…

Sappiamo tutti com’è andata a finire.

Le sardine invadono Piazza Maggiore, 14 Novembre 2019

Novembre 2019, nuovamente Bologna. Siamo in piena campagna per le elezioni regionali, la competizione si sviluppa tra due candidati: Lucia Borgonzoni, candidata della Lega, e Stefano Bonaccini, candidato del PD e presidente in carica dell’Emilia Romagna. Il 14 Novembre è in programma un evento a sostegno della candidata leghista: al PalaDozza, simbolo della pallacanestro bolognese (dedicato a Giuseppe Dozza, storico sindaco comunista della città), si aspetta il leader del partito ed ex Ministro degli Interni, Matteo Salvini. In Piazza Maggiore, tuttavia, qualcosa di completamente opposto inizia a prendere forma. Quattro trentenni organizzano un flash mob per contrastare l’arrivo di Salvini: nasce il movimento delle sardine.
Quasi diecimila persone rispondono all’appello, lanciato via social, scendendo in piazza e radunandosi, quasi inconsapevolmente, sotto lo stesso simbolo. Il resto è già storia: il fenomeno inizia a svilupparsi dapprima in Emilia-Romagna, per poi prendere piede in tutta Italia, raggiungendo finanche le principali capitali europee e mondiali. Da un semplice fish mob, lanciato quasi inconsapevolmente, si è arrivati ad un movimento radicato, capillare e soprattutto in grado di farsi portatore di istanze latenti, apparentemente dimenticate per troppo tempo.

Il neonato banco di pesce azzurro si schiera contro la politica sovranista e populista di Matteo Salvini: si propone come argine alla mentalità destrorsa ed imperante che, sulle frequenze solipsiane, in realtà conosciamo e contrastiamo da tempo.
Si susseguono giorni confusi: mentre il tour ittico prosegue nella penisola, a Firenze la piazza allontana le bandiere rosse dall’iniziativa, rimarcando l’apparente natura apartitica; a Napoli, intanto, Potere al Popolo prende la palla al balzo, dando vita alla frangia delle “Sardine Nere“: per le strade della città partenopea sfilano i migranti, bersagli principali e prediletti della politica leghista, indossando il simbolo della sardine stampato su sfondo rosso partitico, lamentando l’esclusione dal movimento nazionale; a Roma, nel frattempo, Stephen Ogongo, referente delle sardine capitoline, si dichiara ingenuamente aperto a Casapound, rimarcando un poco chiaro concetto di “libertà della piazza”: lo scivolone viene frettolosamente arginato dalle dichiarazioni di Mattia Santori, uno dei quattro organizzatori originari, che definisce l’intero movimento branchiato come “totalmente antifascista”.

Nel frattempo, ad un mese esatto dal flash mob di Bologna, le sardine organizzano l’evento che ufficializza la loro presenza sul territorio nazionale: il raduno è fissato a Roma, a Piazza San Giovanni, ulteriore simbolo fondamentale della sinistra italiana.

#CentomilaSardine, la mobilitazione del 14 Novembre 2019 a Piazza San Giovanni, Roma

L’appello arriva in ogni regione, la piazza si riempie di gente proveniente da tutto il territorio nazionale. I numeri parlano di circa 100’000 sardine, ma la giornata non si conclude senza polemiche: diventa virale il video dell’intervento impedito proprio al rappresentante delle sardine nere (ed annesso diverbio), a cui viene addirittura silenziato il microfono.

Il giorno dopo, il 15 Dicembre, i promotori delle singole iniziative cittadine si incontrano per darsi degli obiettivi, delle finalità, togliendo definitivamente, dopo solo un mese, il velo di disorganizzazione che aleggia su questa collettività: 150 organizzatori locali si riuniscono presso lo Spin Time Labs, occupazione abitativa romana a due passi da San Giovanni, esplicando la volontà di costituirsi in un direttivo reale. Da questo incontro nasce il primo “programma ufficiale” delle sardine, sviluppato in sei punti e volto, nella pratica, ad arrivare a “più di un italiano su quattro” (citando Santori), nel tentativo di appoggiare, a livello elettorale, le liste di sinistra nelle singole elezioni.

15 Dicembre 2019, Mattia Santori intervistato all’uscita dallo Spin Time Labs

A questo punto, credo sia arrivato il momento di porsi delle domande. Innanzitutto, non credo si possa parlare di un’attività completamente casuale: il lavoro comunicativo svolto dagli organizzatori del flash mob, soprattutto dal frontman Santori, prima e dopo il 14 Novembre, non è da sottovalutare. Radunare in un colpo diecimila persone, utilizzando semplicemente quattro smartphone, è qualcosa di difficile da immaginare, ma comunque possibile.
Proseguendo nella narrazione (tralasciando passati, vite personali e provenienze politiche dei singoli), uno dei punti che risalta subito agli occhi è l’impostazione alla base delle dinamiche sardiniane: si protesta contro Salvini, contro la Lega in quanto mero pericolo elettorale, spesso tralasciando gli elementi ideali e pratici che la rendono tale.
La critica sembra essere mirata più che strutturale, funzionale alla comunicazione mediatica e, soprattutto, lascia intravedere latenze nel lato costruttivo: quando si portano delle istanze in piazza, subito dopo il contro dovrebbe sempre esserci il con, includendo i reali “esclusi” dal pensiero dominante e proponendo (insieme) un’idea di mondo contrapposta a quella osteggiata.

Non ho mai avuto l’onore di ascoltare, ad esempio, una parola di sdegno nei confronti dell’attuale Ministro degli Interni, Luciana Lamorgese, che ha fatto ben poco per modificare la linea dura impostata dal suo predecessore: per dirne una, prima dell’autorizzazione allo sbarco del 28 Ottobre 2019, la Ocean Viking, ONG operante nel Mediterraneo a nome di Medici Senza Frontiere, è stata costretta a rimanere in balia del mare per dieci giorni, senza un porto sicuro, con poche risorse disponibili e 104 esseri umani a bordo.

28 Ottobre 2019, la Ocean Vikings sbarca a Pozzallo dopo 10 giorni di stallo in mare

Insomma, poco è cambiato, hashtags a parte.

Dal punto di vista storico possiamo osservare come, soprattutto negli ultimi 30 anni della politica italiana, i movimenti di protesta “collettivi” siano, molto spesso, destinati a dare vita ad un partito o a finire nell’orbita di uno già esistente: nel caso del “girotondismo”, dopo il famoso discorso di Nanni Moretti contro la dirigenza dell’allora PDS, la stagione politica della mobilitazione culminò in un nulla di fatto pratico ed elettorale, nonostante sembrasse destinata a rimanere impressa nella storia collettiva.
Le istanze portate in piazza in quell’inverno del 2002 vennero infatti completamente assorbite dal principale partito di sinistra: nella misura in cui un movimento si parlamentarizza perde, ovviamente, qualsiasi propensione al cambiamento sistemico.

Proseguendo sulla linea del tempo, incontriamo i grillini della prima ora. Si potrebbero evidenziare forti affinità tra il 14 Novembre 2019, primo flash mob delle sardine, e l’8 Settembre 2007, giorno del primo Vaffa Day:

  • stessa piazza, cuore pulsante del centro bolognese;
  • istanze molto simili, orbitanti intorno alla sfiducia nei confronti della classe politica, alla critica disorganizzata nei confronti del modello di pensiero dominante (Grillo nel 2007 attaccava principalmente gli eredi partitici della Prima Repubblica, ovvero PD e Forza Italia);
  • forte capacità organizzativa su tutto il territorio nazionale, mirata alla pancia dell’elettorato d’opposizione;
  • totale incoscienza: nessuno (o quasi) poteva immaginare che quella massa informe ed eterogenea potesse diventare il primo partito politico in Italia. E invece…

Proprio in queste ore, inoltre, Mattia Santori sembra riciclare le parole di Beppe Grillo del 2007 in tema di esposizione del movimento: “Chi va in TV senza permesso è fuori dalle sardine”, ha dichiarato ai microfoni della stampa nazionale.

È chiaro che si parli di due fenomeni comunque differenti: il Movimento 5 Stelle nacque dalle trame oscure di Gian Roberto Casaleggio (per ripercorrere questa storia dai un’occhiata al mio vecchio articolo, “Codice a barre elettorale” ) negli uffici della Webegg, e non tramite un flash mob spontaneo, rapido e, soprattutto, fortunato. Tuttavia, è nostro dovere porci dubbi e domande strutturali riguardo determinate dinamiche, soprattutto in un mondo che, spesso, cela le proprie losche intenzioni dietro una faccia pulita. Al di là del nostro scetticismo per la natura e le dinamiche sardiniane, non potremmo non riconoscere alcuni comuni obbiettivi nelle rispettive battaglie, condividendo totalmente la repulsione nei confronti di ogni formazione politica razzista e conservatrice. D’altro canto, però, non ci sentiamo di etichettarci o amalgamarci con alcuna formazione costituita. Per quanto possibile, tuttavia, ci auguriamo che questo movimento non diventi parte di un discorso vecchio come il mondo: quello delle proteste nate dal basso e morte in alto, nuovi Icaro dei giorni nostri.

Mister O
(artwork: Brindisi)