L’ALBATRO n.4: “DEMOCRACIA”

Democrazia è libertà?

La libertà, come concetto in sé, può assumere (ed ha assunto), nel tempo e nello spazio, forme diverse. D’altronde, ne abbiamo spesso discusso nelle nostre pubblicazioni, raccontandovi volta per volta episodi, periodi e momenti storici distinti, cronologicamente e geograficamente parlando. La narrazione che affronteremo oggi non fa eccezione, ben prestandosi ad un’analisi in linea con quanto spesso evidenziamo. Ma andiamo per ordine: parliamo della Spagna e della questione catalana.

Nel caso spagnolo, negli ultimi decenni, le lotte per la libertà si sono focalizzate sulla parola. Non solo nel senso letterale della libertà di discorso, ma anche in quello della forma: posso dire ciò che voglio, quando e come voglio. Questa logica è consequenziale all’essenza della comunità spagnola stessa, che prevede per sua natura il riconoscimento di autonomie territoriali e linguistiche, come la Catalunya e i Paesi Baschi. Queste entità sono tali in quanto proprie di storia indipendente, di lingua autonoma e cultura a sé stante. Il punto di questa storia, tuttavia, non sta nel riconoscimento delle autorità linguistiche spagnole, e nemmeno nella loro storia, recente o passata. Vedremo, però, come questo elemento sia una chiave importante per capire la realtà sociale spagnola e i risultati delle ultime elezioni, tenutesi il 10 Novembre 2019.

Proteste del 18 Ottobre a Plaça d’Urquinaona (source: ANSA.COM)

Riavvolgiamo il nastro. E’ il 18 Ottobre del 2019 a Barcellona, pieno centro, precisamente Plaça d’Urquinaona, un angolo di verde della capitale catalana, a due passi dalla Boquerìa e poco lontano dalla Sagrada Familia. Non è un giorno come gli altri. Per le strade si diffonde un puzzo acido, a volte la libertà ha l’odore acre e fastidioso della plastica in fiamme. Per otto ore, migliaia di manifestanti si scontrano con le forze di polizia spagnole e catalane (i Mossos de Escuadra) in quella che sarà una giornata che rimarrà impressa nella memoria collettiva spagnola. Poco più in là, in una delle arterie principali di Barça, l’Avenguida Diagonal, che taglia di netto le geometrie stradali della città, circa mezzo milione di donne, uomini, famiglie, anziani e bambini sfilano pacificamente chiedendo e cantando libertà per i prigionieri politici. Non è che l’atto conclusivo di una settimana di proteste intense e manifestazioni di massa svoltesi in tutta la Catalunya a sostegno dell’ex giunta di Carles Puigdemont, dopo le condanne inflitte dalla Corte suprema spagnola, che prevedono pene dai 9 ai 13 anni per gli organizzatori del referendum catalano del 2017.

Mancano 23 giorni alle elezioni. Nel frattempo, su Twitter, il profilo ufficiale di Vox twitta così:

Il 10 Novembre si vota: l’ultima volta è stata sei mesi fa, ad aprile. In Spagna, negli ultimi 4 anni, si è votato in totale quattro volte (cinque, considerando le elezioni europee) per le elezioni governative. Il PSOE di Pedro Sanchez si conferma primo partito, perdendo tuttavia 3 seggi, raggiungendo il 28% totale dei consensi. Il PP paga ancora il dissanguamento elettorale di questi anni, piazzandosi al secondo posto con il 20,82%, ma poco lontano si cela una grande, preoccupante sorpresa: Vox guadagna 5 punti percentuali in sei mesi, passando dal 10,26% (guadagnato in occasione dell’esordio elettorale di aprile) al 15,09% del 10 novembre. Nel giro di poco tempo questo partito è riuscito ad imporsi di netto nel panorama politico spagnolo, presentando istanze parallele, in tutto e per tutto, a quelle degli altri partiti sovranisti europei.

In molti, quindi, si chiederanno: cos’è Vox?

Vox nasce nel gennaio 2014 a Madrid, da una costola di fuoriusciti dal Partito Popolare da tempo in contrapposizione alla svolta centrista maturata negli anni dal principale partito storico nel campo della destra spagnola. Questo nuovo soggetto si è, dal primo momento, posto in forte contrapposizione all’indipendentismo catalano e basco, oltre che all’Unione Europea e ad ogni forma di politica migratoria. Il primo punto è fondamentale: gli altri non sono da meno, ma nessun partito di estrema destra era riuscito prima d’ora ad inserirsi in maniera così radicata nell’opinione pubblica, dalla fine della dittatura franchista. Infatti, Vox è il primo partito che, dal 1978, data dell’istituzione dello Stato delle Autonomie, si schiera apertamente in opposizione ad esso. Come nella dittatura di Francisco Franco, si vorrebbe una Spagna unita, senza nessun tipo di rivendicazione autonomista.

Tuttavia, la questione delle autonomie e dell’unità nazionale in Spagna è qualcosa che struttura, come detto in precedenza, l’essenza stessa della storia nazionale: si è sempre pensato alla Spagna come ad un sottile convivere di Catalunya e Paesi Baschi, Andalucìa e Valencia, Galizia e Canarie. Questo è stato, almeno fino ad ora, ciò che traspare dal pensiero comune, poiché corrisponde a quella che è realtà sociale: la bellezza di tale territorio sta proprio nella sua diversità, espressa in senso artistico, culturale, letterario o anche, semplicemente, nel modo di vivere (e parlare) la vita di tutti i giorni.

Nonostante ciò, le conseguenze sociali del dibattito sull’indipendentismo spagnolo non possono che creare uno scontro tra opposte fazioni: tra chi vorrebbe un paese unito, unico, senza differenze e autonomie privilegiate (come vengono definite dai nazionalisti) e chi, invece, vede nella diversità di lingua, cultura, storia, un’opportunità da cogliere e da sviluppare ulteriormente. Questo fattore ha influito in maniera decisiva sul risultato delle elezioni di novembre, facendo ahimè impennare i consensi di Vox, rendendolo così il terzo partito nel paese. E così cade, rovinosamente, quello che si pensava fosse l’ultimo baluardo del “progressismo” del Vecchio continente. Comincia a spirare anche in Spagna, lento, inesorabile, il vento d’odio di cui abbiamo già abbondantemente parlato.

Militanti di VOX festeggiano il successo elettorale, Madrid (afp)

A livello politico cambierà ben poco, con il PSOE alla ricerca di un collega con cui formare una possibile maggioranza (si parla di una possibile alleanza con Podemos e astensione di Ciudadanos), ma il punto da sottolineare rientra pienamente nel campo sociale. E’ interessante notare come la questione dell’unità nazionale si sia inserita di netto nella melma informe delle tematiche sovraniste. Vox, come già detto in precedenza, ricalca perfettamente le idee dei gemelli destrorsi europei (e non), aggiungendo una vena di repulsione nei confronti di quelle autonomie territoriali che della multiculturalità spagnola sono il simbolo più forte.

La questione immigrazione, tuttavia, non è da meno: dopo il “cattivismo” mostrato in Italia dal governo Conte 1 (e l’indifferenza messa in atto dal governo Conte 2), le rotte migratorie del Mediterraneo hanno deviato il proprio percorso verso le coste spagnole, facendo aumentare gli arrivi in modo significativo sulle coste iberiche (13’263 migranti dall’inizio del 2019; in Italia sono arrivate, nello stesso periodo, 1’218 persone). Questo, sicuramente, non ha provocato l’isterismo di massa che si è generato in Europa negli ultimi anni: è evidente che nel paese spagnolo ci sia una diversa concezione del fenomeno. Tuttavia, questo non vuol dire che la campagna elettorale non abbia posto la questione migratoria come uno dei punti principali del dibattito politico, generando quel sentimento di paura e protezione (e consequenziali derive razziste, soprattutto nell’elettorato di destra) che noi, ormai, conosciamo benissimo. 

Democrazia è libertà? Non sempre. Almeno, dipende da cosa s’intende per libertà. Un paese come quello spagnolo, in cui la democrazia è un sistema giovane, in atto come forma del potere dal 1978, non si può certo mettere a confronto con nazioni in cui vigono dittature feroci e repressive. Ciò nonostante, ad oggi, nelle democrazie occidentali sta sorgendo un problema di legittimità, non solo nei confronti delle istituzioni (che andrebbero, per lo meno, secondo il nostro modesto parere, “aggiornate”), ma delle fondamenta di quelle libertà personali che dovrebbero essere alla base della costruzione di un sistema democratico (seguendo almeno le definizioni classiche). Se la questione delle autonomie regionali spagnole viene affiancata agli altri, innumerevoli temi d’odio perpetrati dal partito nazionalista di turno, significa che c’è qualcosa di sbagliato che mette in ulteriore pericolo l’intero processo di considerazione del libero arbitrio, nell’intera penisola.
D’altronde, la libertà è innegabile, ovunque e comunque, checché se ne dica.

Senza mezze misure.
Sin medias tintas.
Sense mitges mesures.
Erdi neurririk gabe.

Mister O
PH T.Supertramp