“RITORNERAI?” – LA MIGRAZIONE INTERNA IN ITALIA

Alzando gli occhi verso il cielo, passeggiando in una strada del Sud Italia, lo sguardo viene interrotto da una scritta su un muro: “Ritornerai?”
Una parola carica di nostalgia, ma allo stesso tempo di speranza, accompagnata da un murales che ritrae un ragazzo seduto su una valigia, in attesa di un autobus o di un treno.

“Ritornerai?”, murales di Daniele geniale, Andria 2019

Quest’opera di street art è situata in via vecchia Barletta, ad Andria, ed è stata consegnata alla città il 31 ottobre 2019. La realizzazione è di Daniele Geniale, un ragazzo locale.

“Un pugno nello stomaco per tutti quelli che sono rimasti qui, ma che spero possa essere motivo di riflessione per tutti. Non ho voluto dare un genere né sentimenti al racconto delle migrazioni dal Sud, volendo solo constatare che la gente migra.”

Daniele Geniale

Queste sono le parole dell’autore che spiega, appunto, come il suo murales sia un simbolo delle tante città desolate, ma dense di routine e tradizione. Il ragazzo raffigurato non ha un volto, perché, come un liquido, quel viso può prendere la forma di tutti i giovanissimi trasferiti fuori dalle loro case, dal loro quartiere e persino dalla loro regione.
Il fracasso e l’imprudenza giovanile riecheggiano nelle strade del Sud Italia, le risate tra amici diventano echi e le mamme guardano stanze vuote. Le strade del Sud hanno occhi anziani colmi di lacrime salate.

Perché i giovani partono verso il Nord?

Il territorio italiano è crocevia, fin dalle prime civiltà, di flussi migratori. Soprattutto dal Mezzogiorno, negli ultimi due secoli, sono state rilevati dati consistenti sulle partenze per varie zone del Mondo, principalmente per altri paesi europei. Dal 1861 al 1985 si stima che siano emigrati 30 milioni di italiani e, nei due decenni successivi, l’esodo ha coinvolto principalmente migranti dalla Calabria, Campania e Sicilia.
Le crisi economiche, sicuramente, incidono sul numero così elevato di spostamenti. Tuttavia, esse non coinvolgono solo le grandi migrazioni all’estero, ma anche quelle interne: per migrazione interna si indica l’insieme dei trasferimenti di residenza nei confini nazionali. Questi movimenti possono essere all’interno della stessa regione, all’interno della stessa provincia o tra regioni differenti.

In 20 anni più di un milione di residenti si è mosso dal Mezzogiorno al Centro-Nord e nel 2017 gli spostamenti interregionali sono stati circa 110 mila. 

 

Fonte: ISTAT

Questo flusso, aumentato negli anni Novanta, indubbiamente partiva da una riduzione di risorse di tipo welfaristico e dalla situazione economica che caratterizza storicamente il Sud. Le condizioni di lavoro presenti in queste regioni sono contraddistinte, da sempre, dalla presenza di salari al di sotto dei minimi contratti sindacali, da continue violazioni delle norme di sicurezza e della non tutela dei diritti dei lavoratori.
Gli operai, dunque, arrivavano con la “valigia di cartone in cerca di speranza, con poco reddito disponibile, accontentandosi di lavorare e mandare parte del loro stipendio al resto della famiglia lasciata giù. Proprio in questo periodo nasce lo stereotipo del migrante meridionale, chiamato “terrone”: epiteto della lingua italiana che indica una persona “legata alla terra.” A riguardo, vi consiglio la visione di un video del 2018, in cui, con uno straordinario monologo, Andrea Pennacchi riesce a spiegare il pregiudizio nei confronti del meridionale al Nord: THIS IS RACISM – CIAO TERRONI


La classe sociale meridionale si confronta ancora oggi con le condizioni del lavoratore locale, molto diverse tra loro. Per i lavoratori nativi è più semplice, nella maggior parte dei casi, gestire le situazioni di precarietà, poiché la famiglia funge da compensazione in situazioni economicamente instabili. Con il passare del tempo, l’emigrazione interna non è diminuita, ma, al contrario, è aumentata l’emigrazione che riguarda i ragazzi laureati: le loro credenziali equivalgono alla “valigia di cartone”, perché hanno poche possibilità e scarsa sicurezza.
Negli anni ’80, con il governo Craxi e l’illusione del boom economico, l’Italia credeva tuttavia di essersi liberata dal mostro dell’emigrazione e, infatti, l’opinione pubblica si focalizzò, di riflesso, sul fenomeno dell’immigrazione. L’Italia, attraverso lo sviluppo economico, poteva vantarsi di aver mutato la propria pelle, perché fu registrata una prevalenza di ritorni rispetto alle partenze.

Nella pratica, le persone ritornate in quegli anni erano, per la maggior parte, pensionati al di fuori del mercato del lavoro e, soprattutto, al Sud continuavano a coesistere (e coesistono tutt’ora) fenomeni di disoccupazione e immigrazione.

Venti o trent’anni fa ci si focalizzò, quindi, solamente sulla questione dell’emigrazione di ritorno: tornavano i vecchi lavoratori dalle industrie del Nord-ovest, dopo i primi processi di licenziamenti e de-industrializzazione.
Si diffuse nell’opinione pubblica l’idea che i giovani del Mezzogiorno non volessero più “lasciare il nido”. Questa credenza, in realtà, era statisticamente irrilevante, se non errata: a confermarlo ulteriormente è il Rapporto Svimez del 2018. Nel rapporto si dimostra che a lasciare il Mezzogiorno, negli ultimi 16 anni, siano stati 1 milione e 183 mila residenti. Dal 1976 al 2016 sono emigrate dal Sud verso il Centro-Nord 5 milioni di residenti, con una perdita netta di 2 milioni.
Nel tempo, il processo tradizionale del flusso delle rimesse si è invertito: non sono più gli operai a spedire parte del salario alla famiglia rimasta al Sud, ma sono le stesse famiglie che, adesso, inviano denaro ai loro figli emigrati. Le regioni del Nord, quindi, rappresentano ancora oggi un baluardo di speranza per la crescita lavorativa e sociale.

Avere la possibilità di viaggiare e cambiare casa durante la vita è un diritto inalienabile per l’essere umano: ognuno dovrebbe avere le risorse economiche e sociali necessarie per scegliere dove e come voler vivere. Tuttavia, nella maggior parte dei casi, questi spostamenti sono influiti da un vuoto, in primis culturale, così ingombrante da spingere i ragazzi ad investire il proprio capitale umano lontano da casa. I cervelli fuggono e, contemporaneamente, le possibilità di crescita per le regioni meridionali diminuiscono, poiché l’inventiva e l’investimento giovanile emigrano verso le terre del settentrione. 

Questo fenomeno sembra senza fine, perché il Sud, troppo spesso dimenticato a se stesso, soffre sempre di più l’invecchiamento della popolazione rimasta, mentre la resilienza dei pochi ragazzi di provincia che, ancora oggi, sognano per la propria terra le stesse possibilità di futuro delle lontane città del Nord, è insufficiente a colmare il gap.

La vita al Sud, infatti, sboccia principalmente durante le vacanze, natalizie o estive che siano, quando le strade ritornano ad essere calpestate da quei bambini, adesso ormai grandi, che un tempo giocavano per quelle vie. Quei ragazzi, appena possono, aspettano un bus o un treno che non condurrà loro ulteriormente lontano, ma li riporterà, per una volta, nel proprio quartiere: è la primavera del ritorno.

 

Cari ragazzi,
abitate da poco una terra antica,
dipinta con le tibie di albi greche,
col sangue di chi è morto in Russia, in Albania.
Avete dentro il sangue freddo delle navi
che andavano in America,
Le grigie mattine svizzere dentro le baracche.
Era la terra dei cafoni e dei galantuomini,
coppole e mantelle nere,
era il Sud dell’osso, era un uovo, un pugno di farina,
un pezzo di lardo.
Ora è una scena dissanguata,
ora ognuno è fabbro della sua solitudine
E per stare in compagnia si è costretti a bere
nelle crepe che si sono aperte tra una strada e l’altra,
tra una faccia e l’altra.
Tutto è spaccato, squarciato, separato.
Sentiamo l’indifferenza degli altri
e l’inimicizia di noi stessi.
Uscite, contestate con durezza
i ladri del vostro futuro:
sono qui e a Milano e a Francoforte,
guardateli bene e fategli sentire il vostro disprezzo.
Siate dolci con i deboli, feroci con i potenti.
Uscite e ammirate i vostri paesaggi,
prendetevi le albe, non solo il far tardi.
Vivere è un mestiere difficile a tutte le età,
ma voi siete in un punto del mondo
in cui il dolore più facilmente si fa arte,
e allora suonate, cantate, scrivete, fotografate.
Non lo fate per darvi arie creative,
fatelo perché siete la prua del mondo:
davanti a voi non c’è nessuno.
Il Sud italiano è un inganno e un prodigio.
Lasciate gli inganni ai mestieranti della vita piccola.
Pensate che la vita è colossale.
Siate i ragazzi e le ragazze del prodigio.

(Franco Arminio, Lettera ai ragazzi del Sud, 2018)

 

McMay
(Ph: Pio)