SOLIPSIA INCONTRA: Virgilio Gesmundo – Cannabis e Legalizzazione

Qui su Solipsia ci sono delle cose che proprio non riusciamo a mandare giù. Siamo l’isola più tollerante della galassia, ma non sopportiamo chi opprime, chi discrimina e chi decide sulle cose senza sapere nulla (o sapendo poco) a riguardo.
Dinamiche, d’altronde, già conosciute nel corso della storia e che, purtroppo, continuano a ripetersi più che mai nella realtà contemporanea. In un’epoca in cui denaro e politica monopolizzano i media e l’informazione, ha luogo la storia di una pianta. O meglio: la storia recente di una semplice pianta, usata sin dagli albori umani per fini benefici, oggi criminalizzata in nome di un vicino passato, che l’ha vista in conflitto d’interessi proprio con quei due pilastri sopracitati, quei due intoccabili capisaldi che, “democraticamente”, decidono per noi. Si è deciso che di cannabis non si sarebbe dovuto parlare perché troppo rivoluzionaria, troppo ecologica, troppo versatile. Hanno trasformato una sostanza naturale, con innumerevoli qualità da secoli riconosciute, in una “pericolosa droga da piazza, il cui uso deve essere punito severamente”. Punizione, quindi oppressione, quindi discriminazione: tutto perché qualcuno che non sa nulla a riguardo (o fa finta di non sapere) ha deciso così.
Ma andiamo con ordine: quest’oggi abbiamo lasciato la nostra isola per andare a Caserta. Abbiamo incontrato e chiacchierato con un amico, che da sempre si dimostra illuminante quando si parla di un argomento che ci sta a cuore: la legalizzazione della cannabis. Il suo nome è Virgilio Gesmundo, proprietario del growshop “Green Planet” di Caserta, ed in questa occasione ci parlerà della spiacevole vicenda che ha coinvolto il suo negozio e, più in generale, di legalizzazione.
Vi riportiamo qui la trascrizione integrale del nostro incontro-intervista con lui.

Virgilio e il suo “Green Planet” a Caserta

 

– Ciao Virgilio, grazie per aver accettato la nostra intervista. Andiamo un po’ a ritroso così da spiegare bene le cose ed arrivare anche a chi è meno informato in materia: d’altronde, come sappiamo, una delle più grandi zavorre sul tema cannabis in Italia, in questo momento, è proprio la disinformazione. Per iniziare, cos’è un growshop e perché hai scelto di aprirne uno?

Virgilio: Ciao a tutti! Vorrei innanzitutto salutare gli amici di Bologna, ne approfitto per salutare i growshops territoriali sia di Bologna che nazionali!
In sintesi, un growshop è un’attività in cui si offre l’opportunità al cliente di acquistare nuove tecniche di coltivazione (attrezzature indoor come sistemi idroponici e aeroponici, concimi senza fitofarmaci, completamente organici e biologici ecc.), oltre a mettere a disposizione una conoscenza varia di ciò che è la canapa, informando sempre più persone su questa pianta.
La mia storia nasce dalla volontà di aprire un negozio, per essere in contrasto con quelle che sono le realtà criminali, per esercitare un’opposizione forte contro le mafie che dilaniano il nostro territorio e la nostra nazione. Sono cresciuto a stretto contatto con realtà “non belle”, ho deciso quindi di fare un gesto concreto per cambiare le cose. In tre anni abbiamo privato la criminalità organizzata del 15% degli introiti derivanti dalla vendita delle cosiddette droghe leggere; tutto ciò è stato fatto solo con la cannabis light, figuriamoci cosa si potrebbe fare con un mercato regolamentato e legale in toto.

– Prima di arrivare agli eventi di giugno scorso che hanno riguardato il tuo negozio, facciamo un po’ di chiarezza sulla legislazione attuale in materia di cannabis. Mi spiegavi che ci sono un po’ di contraddizioni a riguardo, in particolare con questa legge 242 del 2016…

Virgilio: La cannabis è vincolata in Italia tramite la legge 242, che tutela la coltivazione di cannabis purché provenga da semenze certificate dell’Unione Europea ed abbia una percentuale di THC che, al massimo, sia compresa tra lo 0,5 e lo 0,6%. In realtà, la contraddizione di questa legge sta nel fatto che non è contemplata la vendita dell’infiorescenza. Quindi, la cannabis light, pur non essendo illegale in quanto con valore di THC inferiore allo 0,6%, non potrebbe essere venduta, se non per fini tessili ed alimentari. Tuttavia, secondo la sentenza di Cassazione di maggio 2019, è lecito vendere tutto ciò che è cannabis, ammesso che tali prodotti “siano in concreto privi di efficacia drogante”, quindi effettivamente sotto lo 0,6%. La falla più grave sta nel fatto che la vendita dell’infiorescenza è contemplata solamente nella legge 309, che è la legge di spaccio: alcuni giudici hanno travisato la sentenza perché non hanno letto la parte finale che ho appena citato e, di conseguenza, io ed altri colleghi siamo stati equiparati a degli spacciatori di piazza.

– Arriviamo quindi al 31 maggio scorso, quando le forze dell’ordine irrompono nel tuo negozio e lo pongono sotto sequestro. Il pretesto utilizzato è un decreto d’urgenza emesso dalla Procura della Repubblica di Santa Maria Capua Vetere (CE), che ha preso atto della sentenza di Cassazione di cui parlavi prima (secondo cui, ripetiamo, la commercializzazione della cannabis è reato, «salvo che tali prodotti siano in concreto privi di efficacia drogante»). Cos’è successo e qual è stata la tua reazione?

Virgilio: Io, come tanti altri in Italia, sono stato vittima di questa sentenza di Cassazione, che è stata travisata dalle autorità ed ha portato alla fake news che la cannabis light sia “illegale”. A Caserta c’è stata una repressione più forte e, dopo 8 ore dalla sentenza, siamo stati sottoposti a sequestro dal tribunale di Santa Maria Capua Vetere, che ha deciso di chiudere 4 realtà antiproibizioniste sul territorio. Il giudice ha ritenuto che fosse giusto così, senza darci diritto di replica. Eppure mi dovranno spiegare perché, a prescindere dalla cannabis light, non mi è stata data la possibilità di vendere prodotti che non hanno il minimo effetto drogante come concimi, growbox, terricci, ecc.. Ecco il primo motivo per il quale dico che il sequestro è stato un atto illegittimo. Il secondo motivo sta nel fatto che, sia io che molti colleghi, siamo stati indagati per spaccio di sostanze stupefacenti (quando poi gli stessi consumatori mi vengono a dire che non la comprano più perché “non gli da alcun effetto”). Siamo indagati per un qualcosa che ha aiutato lo stato a combattere la mafia e siamo stati trattati come criminali, quando in realtà i veri criminali hanno festeggiato.
Se veramente avessi voluto vendere infiorescenze con effetto psicoattivo (come dicono loro), avrei venduto quella al 23% di THC. Le mie infiorescenze, invece, si aggiravano sullo 0,3-0,4%, con tanto di analisi. Poi, sicuramente, arriveranno anche le analisi fatte da loro sulla cannabis light che hanno sequestrato, ed allora vedremo cosa accadrà nelle sedi opportune. Tuttavia, sinceramente mi sembra assurdo che un imprenditore come me, che ha fatto dei sacrifici, che ha aperto questo posto con quei pochi soldi che si è fatto lavorando di notte, che ha deciso di togliere ragazzi dalla strada e di allontanarli dalle droghe che davvero possono rovinare la vita, debba essere indagato per spaccio e sporcarsi la fedina penale per una cosa del genere.
Ho deciso quindi di protestare, usando una semplice catena e la mia persona. Sono venuto qui, fuori dal mio negozio, dove c’erano i sigilli dei carabinieri. Mi sono legato alla serranda ed ho fatto sciopero della fame fino a che, dopo 39 ore, sono stato male. Sono tornato sul presidio subito dopo essermi ripreso e abbiamo continuato fino a sabato 1 giugno, quando c’è stata una manifestazione proprio qui fuori, con 100 persone. Sono stati tutti molto cordiali nei miei confronti, qualcuno ha addirittura deciso di passare la notte con me. Ho ricevuto la solidarietà di molti imprenditori casertani che non c’entrano nulla con la cannabis, né sono mai entrati nel mio negozio. Molti mi hanno portato da mangiare e mi hanno detto di smetterla con lo sciopero perché tanto mi avrebbero lasciato morire, e, in un certo senso, questo mi ha ucciso un po’. Tuttavia, continuo a combattere come il primo giorno perché obiettivi importanti come la legalizzazione non si ottengono dal nulla, specie se ci si arrende. Il mio gesto è scaturito dalla voglia di tutelare i miei colleghi e soprattutto i miei clienti, i cosiddetti consumatori. La cannabis deve essere un diritto, che sia a Caserta o a Bologna o dovunque in Italia. Ho sentito la voglia di dimostrare che c’è onestà dall’altra parte della giustizia. Se ci fosse giustizia, io non mi troverei in questa situazione.

Virgilio durante la protesta.

– Lasciamoci, per quanto possibile, alle spalle queste storie tristi e parliamo di legalizzazione. Da grande appassionato di questo tema quale sono, mi sono informato tanto nel tempo e, dando uno sguardo alla regolamentazione sviluppata da altri stati che hanno scelto di legalizzare, sono tantissimi i punti a favore che emergono (i famosi pro), ma sono del tutto assenti i contro. E’ di conseguenza ancora più incredibile che tutt’oggi si continui a criminalizzare invece di legalizzare. Da sempre, quindi, arrivo a farmi la stessa domanda: esiste almeno una conseguenza negativa nella legalizzazione delle cosiddette droghe leggere?

Virgilio: Se la legalizzazione viene sviluppata attraverso una regolamentazione seria, da questa pianta si possono ricavare vantaggi incredibili, anche perché non ci sono notizie in merito a degli svantaggi. Se lo stato decide di legalizzare, tuttavia, deve prima regolamentare: lo vediamo in modelli come l’Olanda, dove se non sei maggiorenne non puoi accedere al coffeeshop, o ancora, se sei maggiorenne e cedi cannabis ad un minorenne vieni bandito da tutti i coffeeshop olandesi. Quindi, se si tratta di regolamentare una pianta, facendo le cose per bene e con i dovuti controlli, si possono realmente risolvere tutti i problemi. Solitamente, il proibizionista basa i suoi discorsi proprio su affermazioni tipo “i minorenni poi fumeranno tutti quanti”, quando invece ci sono dati statistici in altre parti del mondo che indicano come il livello di consumatori si sia ridotto proprio in seguito alla legalizzazione. Qui in Italia, per esempio, sono legali alcool e tabacco, che sono sostanze più dannose della cannabis, a cui i minorenni, parlando concretamente, accedono tranquillamente. La legalizzazione della cannabis deve essere il modus operandi di uno stato serio: così facendo, si toglie il mercato alla criminalità, quindi si combatte l’introito principale della camorra e della mafia; inoltre, si può incrementare l’economia dello stato in maniera esponenziale. Lo vediamo dal modello uruguaiano, primo paese a liberalizzare in toto la cannabis e primo paese che, attraverso questa pianta, ha risollevato un’economia allo sbaraglio e sconfitto i “narcos” che da anni si arricchivano sulle spalle dello stato. Liberare questa pianta, inoltre, significa anche diminuire drasticamente il numero di detenuti nelle carceri e, quindi, tamponare il sovraffollamento: alcune di queste persone sono finite lì semplicemente per aver coltivato tre piante, al fine di evitare di andare nelle basi di spaccio a Napoli o a Caserta a dare soldi alla camorra. Parliamo di gente onesta. Poi ci sta pure quello che si è fatto il business, non lo si nega, ma anche in quel caso, se si va a tutelare questo settore, si può offrire una reintegrazione nella società attraverso il settore stesso. Inoltre, c’è da dire che non sono mai stati riscontrati casi di morte nella storia in seguito all’utilizzo di cannabis, quindi c’è una differenza abissale rispetto alle altre sostanze: basti pensare che si muore di più per una sigaretta. Non c’è motivo per non legalizzare, se non viene fatto è perché evidentemente hanno i loro tornaconti.

– Il problema, secondo me, non è solo politico ma anche mentale, di “pensiero”: leggendo vari commenti sotto gli svariati articoli che parlano della tua vicenda, ho notato come la gente si sia soffermata più volte a parlare del tuo particolare taglio di capelli, piuttosto che discutere dei fatti effettivamente riportati. Salta all’occhio come la criminalizzazione della cannabis, oltre ad essere una questione politica, sia oggi fiancheggiata da una mentalità sbagliata e pregiudizievole, che privilegia l’apparenza all’informazione. Cosa ne pensi?

Virgilio: All’epoca ebbi una discussione con una persona, mi disse che quel taglio di capelli “non faceva di me un italiano”. C’è sempre chi la pensa diversamente da noi, magari mosso da ignoranza e dalla volontà di non comprendere il disagio di un ragazzo che lavora dalla mattina alla sera e si è visto chiudere il negozio da un momento all’altro, senza motivi legittimi. Il giorno dopo era il 2 giugno, Festa della Repubblica, e mi avevano appena tolto l’articolo 1 della Costituzione: il diritto al lavoro (risata amara, ndr).
I commenti estetici, poi, li lascio stare perché sono i più meschini: posso avere i capelli rossi, o gialli, o forse posso non averli più visto che tra poco mi cadono, ma resta una scelta mia, non puoi giudicarmi per quello. Devo dire che ci sono state anche tante persone che hanno dimostrato interesse, ho avuto l’aiuto e il sostegno dei cosiddetti centri sociali, che sono sempre etichettati come un qualcosa di negativo eppure, intanto, sono stati gli unici che mi hanno portato un lettino e mi hanno dato l’opportunità di montare un ombrellone per evitare un’insolazione. Sono stato anche sostenuto dai ragazzi casertani che si prendono cura dei beni comunali, che altrimenti andrebbero in rovina (ad esempio, realtà come Villa Giaquinto). Queste cose ti fanno capire che si può essere discriminati per il capello rosso o per altre cose, ma alla fine l’essenza vera delle persone fa sempre la differenza. Giudicare qualcuno solo guardandone l’aspetto estetico è una pratica che appartiene a chi ha una mentalità chiusa. A questa gente direi: informatevi!

Ho avuto anche la possibilità di confrontarmi con le forze dell’ordine e ho capito che alcuni di loro si sono resi conto di essere entrati a casa di un bravo ragazzo in regola, che paga le tasse e fa gli scontrini, senza alcun motivo.

– L’assist per la legalizzazione è già arrivato tempo fa in Italia. Ti leggo un estratto della Relazione annuale della Direzione Nazionale Antimafia, pubblicata il 22 giugno 2017, che recita: «Sembra coerente l’adozione di una rigorosa e chiara politica di legalizzazione della vendita della cannabis, accompagnata da una parallela azione a livello internazionale e in particolare europeo, che consenta la creazione, in prospettiva, di una più ampia aerea in cui il fenomeno sia regolato in modo omogeneo», e ancora, la Dna si pronuncia «favorevole alla legalizzazione prendendo atto sulla base di numeri, fatti, indagini e processi in nostro possesso del fallimento delle politiche proibizioniste». Preso atto di ciò, perché il governo italiano non si è mai attivato a riguardo negli ultimi due anni?

Virgilio: Chiunque può capirlo da sé. Non voglio fare di tutta l’erba un fascio, ma numerosi esponenti politici, in questi anni, sono andati a braccetto con la malavita. Basti pensare che non hanno perso tempo nell’attaccare i growshops, quando la criminalità è altrove e si sa da anni dove sta. A questo punto, mi viene da pensare che ci sia qualcosa in Italia che non va come dovrebbe andare. Anzi, siamo al limite del ridicolo!
I growshops, peraltro, sono un metodo di lotta alla criminalità: abbiamo tolto più gente noi dalle basi di spaccio che i metodi repressivi delle leggi passate. Ricordiamoci che in Italia vigeva la Fini-Giovanardi: una legge vergognosa, che è stata ritenuta anticostituzionale. L’ex ministro degli “inferni”, poi, voleva addirittura introdurre la pena di spaccio anche per individui sorpresi con un grammo
(paragonando, di fatto, un consumatore ad un narcotrafficante). Questo significa togliere la libertà e i diritti personali di ognuno. Basterebbe essere responsabili in quello che si fa per tutelare se stessi e gli altri, senza alcun bisogno di repressioni.

Carlo Giovanardi: il politico a cui si deve metà nome (ed opera) della vecchia legge sulla cannabis, ritenuta incostituzionale dopo anni dalla sua approvazione. E’ stato più volte indagato e sospettato di avere relazioni con alcune realtà mafiose.

– E’
 importante, aggiungerei, che ci sia un’educazione a riguardo, invece che l’oscurantismo privilegiato fino ad ora dallo stato.

Virgilio: Assolutamente. La legalizzazione serve anche a questo, a non oscurare l’argomento come fosse un tabù, ma piuttosto rendergli luce, far conoscere questa pianta in tutte le sue sfaccettature, dall’alimento allo “spinello”, dal farmaco all’utilizzo edile. Il signor Ford ci fece una macchina che camminava ad etanolo di canapa: ci si fa di tutto. E’ arrivato il momento di renderla libera e di creare una green economy seria, che possa, fra le altre cose, contrastare problemi grossi come l’inquinamento. Noi abbiamo creduto prettamente in questa pianta e vogliamo renderla libera in tutti gli utilizzi che se ne possono ricavare. La legalizzazione serve soprattutto a fare informazione. I ragazzi non hanno la minima conoscenza di cosa siano le droghe, vanno dal pusher e trovano di tutto, dall’eroina alla cocaina, e fanno uso di sostanze che spesso rendono loro alienati dalla società; noi invece stiamo parlando di una pianta che crea unione e convivenza, che guarisce malattie. Serve solo dare regole e, soprattutto, dare informazioni a 360 gradi su quello che sono le droghe, in modo che un individuo possa scegliere consapevolmente se e come vivere qualsiasi esperienza. Parlando poi dell’utilizzo di cannabis, trovo non ci sia nulla di male: alla fine, quella voglia di rilassarsi un po’ è un bisogno comune!

– Quindi, diciamolo chiaramente, la cannabis non ha assolutamente nulla a che vedere con le droghe pesanti. L’opinione proibizionista si è spesso soffermata su slogan che affermano come “dallo spinello si può facilmente arrivare ad altro”, anche se i dati che giungono dai Paesi in cui la cannabis è legale dimostrano che non è proprio così. Qual’è la tua opinione?

Virgilio: Gli stati in cui la cannabis è legale hanno riscontrato un calo vertiginoso nel consumo di sostanze stupefacenti più aggressive e non naturali. Se il consumatore viene educato a riguardo può praticare una scelta libera e consapevole, evitando di cadere in sostanze chimiche che distruggono il corpo. La cannabis è una pianta benefica che non ha niente a che vedere con ciò. Ho avuto un dibattito con una signora che mi raccontava di persone sfortunate che hanno rovinato la propria vita con l’eroina e altre sostanze distruttive; le ho detto che ognuno fa delle scelte di vita soggettive, se conosci le droghe non ti riduci ad usare sostanze pesanti, soprattutto se vuoi una vita tranquilla, una famiglia. Chiaramente molto dipende dai disagi personali e da come li si affronta, non è colpa di certo della cannabis. Sarebbe più o meno come dire che tutti quelli che bevono fanno uso di cocaina, ma ovviamente è un discorso che non quadra. Tuttavia, aprire il dibattito è sempre molto importante purché le parole rimangano impresse: ho concluso la chiacchierata dicendo alla signora che anche io conosco storie di persone che facevano uso di eroina e che, grazie alla cannabis, oggi sono completamente puliti e reinseriti nella società. Lavorano, si sono disintossicati, hanno una ragazza e non portano più guai.

– La cannabis è anche un’importante fonte terapeutica, lo affermano molti studi condotti in questa direzione a livello globale. Com’è la situazione per un malato che ha bisogno di curarsi con la cannabis in Italia?

Virgilio: Dal punto di vista terapeutico, si può acquistare cannabis in farmacia; viene anche prescritta gratuitamente in alcune ASL, secondo i piani regionali. Tuttavia, ci sono molte difficoltà per ottenere la cannabis terapeutica poiché c’è ancora molta diffidenza a riguardo, soprattutto in ambito medico: in pochi si informano e iniziano a prescrivere queste terapie. In molti paesi viene data senza problemi anche per una semplice emicrania o per il ciclo mestruale, viene considerata una terapia più efficace rispetto a medicinali con controindicazioni. Un altro problema è il fatto che molto spesso mancano i rifornimenti, quindi anche i pazienti che riescono ad avere la ricetta non hanno effettivamente la possibilità di accedervi. Ecco perché molti preferiscono andare oltre questo calvario e coltivare direttamente, nonostante l’autoproduzione sia ancora illegale anche per chi, paradossalmente, ha bisogno di questa pianta a scopo medico.

– Dalla teoria alla pratica: sappiamo che molti Paesi nel mondo si sono già mossi in questa direzione (o lo stanno facendo), con risultati brillanti. Allo stesso tempo la storia (che dovrebbe sempre essere maestra di vita) ci racconta del periodo proibizionista americano e del suo fallimento fragoroso. Ti leggo un discorso del senatore Andrew Volstead, promotore della legge sul proibizionismo negli Stati Uniti nel 1919, che commentava così la sua geniale trovata:

«I quartieri umili presto apparterranno al passato. Le prigioni e i riformatori resteranno vuoti. Tutti gli uomini cammineranno di nuovo eretti, tutte le donne sorrideranno e tutti i bambini rideranno. Le porte dell’inferno si sono chiuse per sempre».

 E invece ad aprirsi furono le porte del paradiso per i gangster, uno su tutti Al Capone, che sul   proibizionismo ci costruì un impero per la criminalità organizzata. Come si può far capire alle   persone che il proibizionismo ha fallito? Perché secondo te, al giorno d’oggi, la gente non ha   ancora imparato la lezione e continua ad avere una visione proibizionistica?

Virgilio: Il mondo deve svegliarsi e capire che il proibizionismo ha fallito. C’è un’enorme rete di informazione fatta da attivisti nazionali ed internazionali pronti a combattere per questi diritti. La situazione mondiale è molto contraddittoria: molte istituzioni stanno decidendo di legalizzare, mentre altre persistono con l’imporre pene severe, addirittura fisiche. Secondo me, la lotta va condotta prima di tutto a livello nazionale: noi (in quanto growshops) abbiamo svolto un grande lavoro d’informazione nelle singole province partecipando a fiere, conferenze, expo: tutti luoghi in cui abbiamo incontrato altri attivisti per formare una rete solida, che abbia la volontà di cambiare il proprio Paese e che possa, successivamente, espandersi al dialogo con il mondo.
Per quanto riguarda l’Italia, il proibizionismo spinto dalla Lega e dalla destra in generale è molto simile a quello americano: basta guardare alcuni video dell’epoca da cui lui (Salvini) ha preso spunto per parlare di cannabis. Il modello americano nasce da una politica becera che ha fomentato il proibizionismo per fini puramente commerciali. In quel periodo, infatti, nascevano le prime aziende che rimpiazzarono il carbone con il petrolio. Nel frattempo, Henry Ford stava costruendo la prima macchina alimentata ad etanolo di canapa, completamente rivestita di canapa, ma poi decise di cambiare il prototipo e di puntare sui derivati del petrolio: c’erano famiglie molto ricche come i Rothschild e i Rockefeller che stavano iniziando ad investire su questa nuova sostanza. Di lì a poco si sarebbero ritrovati a gestire un’economia interamente basata su quello che oggi sta distruggendo sia noi che il nostro pianeta. La cannabis, quindi, diventò un problema politico ed economico che venne eliminato senza troppi indugi attraverso la propaganda proibizionista delle TV. Ricordo di aver visto un video in bianco e nero, di quelli che andavano in onda negli anni ’20, che diceva: «Attenzione! Lo spinello risveglia il demone che è in te!». Secondo quelle pubblicità, lo spinello dovrebbe portarti ad uccidere un tuo familiare o al suicidio, commettere atti scellerati insomma. L’ex ministro degli interni ha adottato una strategia simile: ha diffuso disinformazione e ha fatto chiudere attività del tutto legali per quello che è semplicemente un pregiudizio. Nasce da un pregiudizio anche un altro dibattito preso fortemente di mira, ovvero quello riguardante la tutela dei diritti della comunità LGBT: sono persone che hanno scelto di combattere per i loro diritti, perché se fossero rimasti zitti sarebbero stati alienati dalla società, così com’è accaduto fino a pochi anni fa. Nel momento in cui una comunità alza la voce e vengono riconosciuti dei diritti, le persone hanno la possibilità di essere integrate, almeno dal punto di vista legislativo. Questo deve avvenire anche per la cannabis: ci dovrebbe essere un outing generale e si dovrebbe dare al consumatore la libertà di poter acquistare, coltivare, legalmente.
Perché, d’altronde, chiunque deve avere il diritto di consumare alcool e tabacco (quando è dimostrato scientificamente che queste sostanze sono più nocive della cannabis) e io non posso avere il diritto di coltivare un’innocua e utilissima pianta? Questa situazione dovrebbe spingere i consumatori italiani a chiedere dei diritti, per questo siamo qui a lottare per la legalizzazione. Il proibizionismo americano dovrebbe insegnare molto: quando lo Stato decide di affrontare un argomento simile contemplando fra le soluzioni solamente leggi punitive invece di sviluppare una regolamentazione seria, allora la criminalità organizzata trova terreno fertile. Seguendo questa scia, il mercato della cannabis in Italia è sempre stato sommerso, mentre i growshops sono stati i primi ad emettere fatture (e quindi a pagare contributi) grazie al CBD. Recentemente si parla tanto di IVA al 25%, quando la si potrebbe scongiurare ricavando introiti attraverso la cannabis e destinando questi introiti allo Stato, invece che alla mafia. Queste sono le contraddizioni del proibizionismo ed è qui che “casca l’asino”.

– Tuttavia, in gran parte dello stivale continua ad esistere un pregiudizio verso la cannabis, che sia light o meno. Forse una delle poche città in cui si può respirare aria di antiproibizionismo è proprio Bologna, mentre in una città come Caserta persiste lo scetticismo.

Virgilio: A Bologna la situazione è diversa, ci sono stato in occasione dell’Indica Sativa Trade ed è una bellissima città. Colgo l’occasione per ricordare questo appuntamento annuale molto importante per combattere il proibizionismo, che si svolge ogni anno all’Unipol Arena dal 17 al 19 aprile. Rispetto a Caserta, Bologna è una città più giovane e aperta, il growshop viene concepito meglio, anche perché quando io ero piccolo c’erano dei growshop bolognesi già impegnati nella lotta al proibizionismo. Caserta, invece, è sempre stata diffidente. Fin dal primo giorno ho avuto problemi con persone a cui la mia attività non andava bene; anche adesso capita che passano e facciano commenti del tipo: «Ma è ancora aperto? Non l’avevano chiuso?». Sono uscito di persona dal negozio e ho detto: «Si, siamo aperti e non stiamo facendo niente di male». A Bologna le persone hanno capito l’importanza dell’informazione in materia di cannabis, anche se non sono consumatori. Qui a Caserta le persone non vogliono informarsi, si tende solo a voler dare gratuitamente “lezioni di vita”. La prima cosa deve sempre essere il rispetto. Chi fa uso di cannabis viene visto male e giudicato, quando poi spesso chi giudica fa cose peggiori.

– Per concludere, cosa ne pensi del futuro della cannabis e quali sono le tue speranze a riguardo? E quali sono i movimenti attivi in questa direzione sul suolo nazionale?

Virgilio: Ovviamente, spero in futuro dove la cannabis sia libera, dove sia possibile lavorare in questo settore liberamente e senza repressioni da parte delle autorità perché, ripeto, siamo imprenditori onesti e non criminali. Mi auguro che la legalizzazione, anche se sarà un processo ancora molto lungo, venga effettuata in maniera intelligente e spinga le persone a parlare di diritti e di rispetto. In particolare, spero che le persone con necessità terapeutiche possano accedervi in maniera continuativa attraverso l’autoproduzione. Ritengo che i giovani siano abbastanza informati, anche grazie ad internet che, per quanto sia un’arma a doppio taglio, è comunque uno strumento d’informazione potentissimo, dove si crea un dibattito che dovrebbe e potrebbe aprire le menti su questo tema. Per esempio, il mondo di Instagram sta fornendo molti spunti a riguardo, con Giuseppe Nicosia di DolceVita Magazine (una delle maggiori testate antiproibizioniste italiane) che, da inviato in America, sta mostrando il funzionamento impeccabile del modello canadese. Un’altra iniziativa importante è il Manifesto per la Cannabis Libera”, firmato da Green Planet, Progetto FreeWeed e da tantissime realtà nazionali. Questo Manifesto vuole tutelare i diritti di tutti i consumatori di cannabis, dall’autoproduzione al consumo diretto, ed è stato proposto da un’associazione antiproibizionista sostenuta da tante realtà come i growshops, oltre che da semplici aziende agricole o cittadini interessati alla causa. Potete seguire la loro pagina Instagram dove potete trovare molte informazioni sui movimenti legislativi in materia di cannabis. Per il resto, penso che valgano molto le singole azioni quotidiane, come i piccoli gesti di disobbedienza civile, uniti al semplice parlare dell’argomento con i propri familiari, mettendo in chiaro che non si parla di droga: è sempre meglio farsi una canna che bere dieci birre, un genitore cosciente dovrebbe pensarla così. Dobbiamo sempre cercare di accendere il dibattito, soprattutto con coloro che sono più diffidenti, perché è da lì che parte l’inversione di tendenza. Inoltre, ci sono tantissime iniziative popolari per la legalizzazione ferme in Parlamento, tra cui una che ha visto la partecipazione di tutti i growshops italiani. I politici del governo attualmente in carica hanno spesso parlato di legalizzazione in passato, quindi direi che è arrivato anche il momento di farlo, per scongiurare problemi che non sono solo dei consumatori, ma dell’Italia intera. Il Paese è economicamente alla deriva ed i ragazzi fuggono: anche in questo ambito, ad un potenziale giovane imprenditore, intenzionato ad investire sulla cannabis, non basterà essere un cosiddetto “cervellone”, sarà sempre costretto ad emigrare. Quando si parla di cannabis poi, non si capisce che dietro al consumatore c’è un essere umano. Io credo addirittura che chi ne fa uso abbia un incentivo in più, ma questa è solo una mia supposizione.

T. Supertramp
(ph: Pio)