Potere e sesso nel Petrolio di Pasolini

«Ho iniziato un libro che mi impegnerà per anni, forse per il resto della mia vita. Non voglio parlarne, però: basti sapere che è una specie di “summa” di tutte le mie esperienze, di tutte le mie memorie»

Pier Paolo Pasolini, Stampa Sera, 9 gennaio 1975

Pasolini, durante un’intervista concessa alla giornalista Luisella Re, con queste parole si riferisce al romanzo Petroliosu cui stava lavorando in quegli anni, poi rimasto incompiuto e pubblicato postumo da Einaudi solo nel 1992.

Petrolio è innanzitutto un romanzo sul potere, sulla sottomissione, sull’istinto, e quindi anche sul sesso. L’ultimo romanzo dello scrittore romano, infatti, costituisce l’esemplificazione più evidente di come sessualità e potere siano intrinsecamente legati tra loro, in un rapporto di reciproca influenza e identità. Il libro, però, non è solo questo, ma anche innovazione e originalità. Si tratta di un’opera composta da 522 pagine scandite in “Appunti”, un insieme di frammenti di diversa lunghezza che si susseguono in progressione numerica.

Nel leggere questi frammenti, la lingua appare a volte saggistica e precisa, a volte lirica, a volte elementare ed altre estremamente elaborata. Pasolini inventa nuove forme espressive e compone l’opera secondo una logica che la rende indefinibile. La peculiarità formale del romanzo, ossia il suo estendersi per “Appunti”, è costruita proprio sull’intenzione dell’autore di rifiutare la narrazione convenzionale di una storia e, quindi, le vesti tradizionali del narratore. 

Se già da questa prima analisi formale e stilistica, Petrolio appare un romanzo sui generis, la trama dell’opera conferma sicuramente questa intuizione.

Pier Paolo Pasolini (fonte: http://www.mangialibri.com/speciali/pasolini-vita-morte-e-tutto-quello-che-c’è-mezzo)

Il protagonista del romanzo è il signor Carlo Valletti, un ingegnere dell’ENI appartenente alla borghesia torinese. Tuttavia, Carlo non è solamente Carlo, ma racchiude in un unico corpo due diversi individui: Carlo di Polis e Carlo di Tetis. Il termine Polis corrisponde etimologicamente alla città, rimandando, quindi, alla dimensione razionale e pubblica dell’individuo; Tetis invece corrisponde alla sessualità, la parte pulsionale e nascosta dell’uomo comune. Polis e Tetis, così come l’apollineo e il dionisiaco di Nietzsche, sono due aspetti opposti che rappresentano due facce della stessa medaglia. In Carlo questi due aspetti non si escludono a vicenda, ma convivono insieme nello stesso individuo, che risulta sì sdoppiato, ma è proprio nell’unità di Carlo Valletti che Polis e Tetis entrano in contatto.

Infatti, mentre Carlo di Polis fa carriera all’interno dell’ENI ed entra in contatto con un mondo sporco e losco, Carlo di Tetis si abbandona a una serie di atti sessuali (tra cui gli incesti con la madre, le sorelle e la nonna e i rapporti orali consumati con venti ragazzini) che culminano nella perdita dell’organo sessuale maschile e nella sua trasformazione in donna.

Petrolio si configura come un dispositivo in grado di portare alla luce quanto normalmente resta taciuto, il privato, le perversioni, l’assurdo e l’osceno. Si tratta di un romanzo sottile dai contorni sfumati. Ad esempio, la transessualità del protagonista, e in generale la confusione di genere presente nel romanzo, non è causale, ma rappresenta un’alternativa al percorso di irrigidimento dei ruoli sessuali che domina la logica del potere neocapitalistico, che si nutre della coppia eterosessuale per creare strategie di potere che inducono gli individui a moltiplicare i propri bisogni consumistici.

Questa rappresentazione esplicita della sessualità e le descrizioni delle pratiche sessuali di cui il personaggio principale è protagonista hanno scatenato una forte condanna da parte dell’opinione pubblica. Tale dissenso fu alimentato senza dubbio dalla recensione di Nello Ajello, pochi giorni dopo che l’Espresso anticipò la pubblicazione di alcune pagine del libroLa critica del giornalista, dunque, (riportata nella citazione sottostante) si basava unicamente sul capitolo intitolato “Il pratone della Casilina”, in cui il protagonista del romanzo si prostituisce e consuma rapporti orali con venti ragazzini dei Parioli.

«Si tratta di un immenso repertorio di sconcezze d’autore, di un’enciclopedia di episodi ero-porno-sado-maso, di una galleria di situazioni omo ed eterosessuali, come soltanto dall’autore di Salò o le 120 giornate di Sodoma ci si può aspettare […]. È giusto pubblicare Petrolio? Non sarebbe stato preferibile astenersene?».

Repubblica, 28 ottobre 1992

Non solo ne La Repubblica fu espresso un giudizio di disapprovazione nei confronti del romanzo appena pubblicato, ma anche altre testate giornalistiche, di schieramento politico diverso, assunsero una posizione sostanzialmente identica a quella di Ajello. Ad esempio:

«P.P.P: per lettori morbosi raffinati offresi. Dopo “Sex” di Madonna, ecco “Petrolio” di Pasolini, con le dovute differenze ma sempre a luci rosse».

Il Giornale, 29 ottobre 1992.

«Il libro rende un pessimo servizio all’immagine di Pasolini. Il lettore comune finirà per credere che la sua intelligenza era ottenebrata dall’eros […]. Nell’ultimissimo periodo della sua vita, Pasolini era sprofondato nella sua “disperata vitalità”, in cui l’eros e la morte si corteggiavano a vicenda, con il risultato che sappiamo».

Avvenire, 29 ottobre 1992

È importante sottolineare, però, che Petrolio, diversamente dai giudizi appena citati, non è pornografia, né tantomeno una descrizione della vita sessuale o delle perversioni di Pasolini, come molti giornalisti e critici hanno sostenuto nelle loro recensioni (basti notare l’allusione nell’articolo sopracitato dell’Avvenire alla presunta vita dissoluta di Pasolini e al suo omicidio visto come conseguenza inevitabile del suo stile di vita).

Petrolio è sesso, ma il sesso è soprattutto Potere, è dominio e sottomissione. Sesso e Potere sono, per Pasolini, due modi per dire la stessa cosa, potentissimi agenti che operano silenziosamente nella nostra realtà.

Prima edizione di Petrolio pubblicata da Einaudi

Il romanzo è specchio di quella mutazione sociale che fa della sessualità l’oggetto principale attraverso cui passa l’esercizio del potere. Potere, però, non significa solo sessualità, ma anche cospirazioni, imbrogli e trame. Ed è soprattutto nell’Italia degli anni Settanta che questo potere infido e latente riesce a insinuarsi capillarmente tra le pieghe della società: bombe, attentati, omicidi, finti suicidi, sequestri. Una forza che si muove sotterraneamente, silenziosa, che sfugge al discorso pubblico e che costringe ogni individuo all’obbedienza, con o senza consenso.

Ed è proprio questa nuova configurazione del potere che disgusta enormemente Pasolini.  Petrolio è dunque un implacabile atto di accusa contro la società neocapitalista e contro quell’intreccio tra politica, affari e denaro che caratterizzavano e caratterizzano tutt’ora la società italiana.

Altro aspetto interessante da sottolineare sono la serie di appunti intitolati Visione del Merda. Pasolini, in questa sezione, descrive allegoricamente le modificazioni operate dal nuovo potere capitalistico nella società italiana. Protagonista di questa sfilata allegorica, di sapore fortemente dantesco, davanti alla quale Carlo assiste passivamente, è il Merda: egli è un giovane proletario, che rappresenta la degradazione della gioventù e del sottoproletariato degli anni ’70, ormai omologati anch’essi all’ideologia della borghesia e al consumismo spietato. Infatti, come sottolineato da Marco Antonio Bazzocchi nel libro Esposizioni «il ragazzo è profondamente permeato dal Potere che sta affermandosi grazie alla ricchezza che proviene dal petrolio e dalle multinazionali che lo gestiscono».

Pasolini aveva vissuto a Roma negli anni Cinquanta e aveva visto nei ragazzi delle periferie, che si esprimevano ancora nel loro dialetto, un’autenticità che li distanziava enormemente dall’ipocrisia borghese, superficiale e classista (incentrò anche un romanzo su questo tema, Ragazzi di vita). Dopo due decenni, però, quei ragazzini erano cambiati, e invece di farsi portatori di messaggi rivoluzionari, di giustizia ed uguaglianza, si erano lasciati inglobare dal consumismo borghese. Il Merda rappresenta questa degradazione avvilente a cui Pasolini stava assistendo alla fine degli anni ’70.

Sesso, potere e frantumazione della propria identità si intersecano in un gioco di continui scambi e rimandi. Pasolini lascia che il materiale si accumuli su sé stesso, che si sovrapponga, creando una pluralità di significati e sfumature diverse. Il romanzo è lo specchio di una realtà frammentata, non chiara, imprevedibile, ma soprattutto contraddittoria.

L’ultimo romanzo di Pasolini è un’analisi fredda, disincantata, di difficile comprensione, una critica nei confronti di una società che stava cambiando irrimediabilmente e nei confronti di quel potere silenzioso e ambiguo che si stava insinuando nella società, nei costumi, nella cultura degli italiani.

Petrolio è l’ultima fredda analisi di Pasolini, Petrolio è il suo ultimo suo respiro.

Prix
(ph T.Supertramp)