War is Peace


Libertà è un concetto sfuggente
, apparentemente idealizzabile, che non si lascerà mai prendere davvero. Chi la corteggia lo sa: lei non vuole abiti, colori, non vuole ragione né compromessi.
Lei è in grado di desiderare solo se stessa
, richiamandosi continuamente in un perpetuo canto che molti ha ammaliato. Mai nessuno, tuttavia, è stato in grado di possederla, di imbrigliarla in strette redini.
Nel suo essere tale, lei prosegue il suo cammino, facendosi beffe dei detrattori.

Cammina, lenta, inesorabile, anche nelle strade devastate di qualche città, tra il colpo di un cecchino e la raffica di un’AK-47.

Mi piace pensare che Lorenzo Orsetti l’abbia incontrata, sentendosi in pace, anche in mezzo alla guerra.

 

 

Tekoser, nome di battaglia di Lorenzo Orsetti, era un ragazzo fiorentino partito in Siria per combattere l’ISIS, morto in uno scontro a fuoco il 18 marzo 2019. Lorenzo faceva parte della YPGI, la Brigata Internazionale di Liberazione, compagine militare di volontari provenienti da tutto il mondo per combattere al fianco della YPG, l’Unità di Protezione Popolare, il principale gruppo delle milizie curde. Attualmente, nonostante l’annuncio di Donald Trump di voler ritirare le truppe dalla regione siriana, il conflitto non è finito: nonostante lo sfaldamento dello Stato Islamico, avvenuto dopo la presa di Abu Kamal (una delle ultime roccaforti dell’Isis), all’interno del paese rimangono attivi circa 3000 combattenti del califfato. Inoltre, con l’abbandono del campo da parte degli americani, finalmente la Turchia potrà abbattersi contro il popolo che storicamente più odia, quello curdo. Tuttavia, nel frattempo, qualche giorno dopo la caduta di Tekoser (esattamente il 23 marzo 2019) Mustafa Bali, portavoce delle Forze Democratiche Siriane (SDF), dichiara ufficialmente “la totale eliminazione del cosiddetto califfato e la sconfitta territoriale al 100 per cento dell’Isis.”

Lorenzo amava quel popolo, quella terra. In Italia si sentiva stretto, non sarebbe mai potuto essere felice in una società fatta di compromessi, di vie di mezzo, di banalità. Per questo affronta una scelta drastica e, dopo essere venuto a contatto con la comunità curda in Toscana, sceglie di arruolarsi nelle Brigate Internazionali. Partito per un’idea, per combattere il male in prima persona.

“Lorenzo non si accontentava dei compromessi, delle vie di mezzo, delle banalità. Ha fatto una scelta coraggiosa, qualcuno può non condividere, ma era una scelta libera, non era pagato da nessuno.”

Alessandro Orsetti

Lorenzo non voleva rimanere indifferente, ha fatto una scelta difficile, che in molti non hanno condiviso.

Il Kurdistan, di per sé, non è uno stato, se per stato intendiamo la classica definizione, burocraticamente confermata, di un’entità formata da popolo, territorio, sovranità e monopolio della forza.
I curdi sono un popolo resiliente, diviso in quattro stati (Turchia, Siria, Iran e Iraq) e con discendenze provenienti dall’alba dei tempi: i Qurti, avi dei curdi, erano gli acerrimi nemici dei Sumeri nel 2500 a.C. Anime sparse, non riconosciute dalle macchinazioni istituzionali, sia statali che sovrastatali, ma comunque unite dalla storia, dalla lingua, dalla cultura. Lorenzo probabilmente si innamorò proprio di questo, dell’incredibile capacità di questo popolo di riuscire a rinascere sempre, nonostante le avversità.

Soldati e soldatesse dell’unità di protezione femminile in posa per una parata in occasione di un funerale collettivo vicino Hassekeh. (fonte jacobinmag.com)

L’area del Rojava
, secondo alcuni Siria del Nord, secondo altri Curdistan siriano, è una regione autonoma non riconosciuta dal governo centrale siriano di Bashar Al-Assad, non riconosciuta dalla NATO e dagli USA. Qui, in un’area che conta 4,9 milioni di persone, dal 2015 in poi si sta verificando un esperimento sociale e politico con pochi precedenti nella storia dell’umanità.
Una vera e propria utopia realizzata, resa possibile seguendo gli ideali rivoluzionari di Abdullah Ocalan, leader del Partito dei lavoratori curdi (PKK), che vedeva nella democrazia diretta, nel rispetto dell’ambiente e delle donne l’unico futuro possibile e praticabile. Ocalan, dopo una vita di lotte, è attualmente detenuto nell’isola-carcere di Imrali, in Turchia.

Le donne, qui a Rojava, sono al centro della società: nella guerra contro l’ISIS abbiamo visto le immagini di tantissime ragazze combattere fianco a fianco contro la minaccia fondamentalista. Il rispetto dell’ambiente è inserito nella Costituzione, il mancato adempimento a quelle norme porta a pene severe. L’assetto politico è totalmente in mano ai cittadini, i quali decidono del proprio destino, vivendo in comunità coese ed unite da un forte senso d’appartenenza. Qui, dopo anni di repressione, si è potuta sviluppare una società in cui si potesse tornare a studiare, a lavorare, ad innamorarsi, una società in cui si potesse tornare a vivere.

La comunità del Rojava è oggi minacciata dall’abbandono delle truppe statunitensi, che lascerebbe campo libero alla minaccia turca, l’ombra nera onnipresente nella storia curda. Nonostante il conflitto con il califfato sia dato per finito, come detto in precedenza, i focolai restano e sono forse eguali in pericolosità e logoramento al conflitto appena cessato.

Tekoser combatteva anche per noi. Tutte quelle donne e quegli uomini combattono per noi.
Tuttavia, nella maggior parte dei paesi europei, tra cui (ovviamente) anche l’Italia, i partigiani di ritorno dalla Siria vengono considerati, a livello legislativo e burocratico, allo stesso livello dei foreign fighters reduci dalle file dell’ISIS.

In questo racconto, non è altro che un paradosso tra i tanti.

 

Soldatesse dello YPG curdo durante un addestramento. (fonte plutobooks.com)

Ma cosa resta di questa storia? 

Ho voluto dare un titolo forte e chiaro a questo articolo, scomodando uno dei mostri sacri della mia biblioteca, oltre che della mia formazione personale.
Quando ho deciso di raccontare questa storia ho subito percepito la pressione esistente quando si cammina su dei pavimenti scivolosi, ma mi sono appassionato vedendo il sorriso stampato sul volto di Lorenzo. Quello, ho subito pensato, è il sorriso di una persona serena, in pace.

Appunto, la pace. 
Provo ad immaginare Tekoser appena arrivato, a contatto con un popolo così diverso da lui, eppure così vicino, affine. Le idee accomunano più del sangue, e questo lui lo sapeva. Purtroppo, però, non poteva averne la percezione a casa, in Italia, società atomizzata e individualizzata, dove ognuno cura costantemente solo il proprio interesse. Provo ad immaginarlo in battaglia, senza paura. Se fossero passati altri cinque giorni, Lorenzo avrebbe festeggiato coi suoi compagni la presa di Baghuz, ultima roccaforte ISIS.

Libertà corre per le strade di Baghuz, di Afrin, di Kobane.

Corre leggiadra, saltando tra macerie e resti metallici. Il vento caldo del deserto le scompiglia i capelli in una meravigliosa criniera. La polvere non scalfisce la sua bellezza, bellezza di sangue e sole. Un cecchino la vede danzare col vento, serena in volto, la vede quasi volare, in quell’inferno caldo, dove pare non esserci aria.
Un colpo, forse due. Lei continua a danzare, una lacrima le scende sulla guancia e bagna la terra, arida da mesi. Guarda il cecchino negli occhi. Lentamente avvicina il palmo alle labbra, tendendolo poi verso l’unico spettatore di quella eterea scena, che chiude gli occhi, per sempre, in pace.
Mister O
(ph Pio)