Dal Big Brother al Social Credit System

 «La guerra è pace. La libertà è schiavitù. L’ignoranza è forza.»

È questo lo slogan che si legge sulla facciata del palazzo in cui ha sede il Ministero della verità, uno dei quattro ministeri che, nel romanzo di George Orwell 1984″, governano lo stato immaginario di Oceania.
Orwell, con uno sguardo rivolto al passato appena trascorso e, contemporaneamente, all’imminente futuro, lancia un chiaro grido di denuncia contro ogni tipo di totalitarismo, che uccide subdolamente l’individualità del singolo a favore del “benessere” della comunità.

Ed è proprio questo Ministero, nel racconto, a gestire l’aumento di consenso da parte dei cittadini nei confronti dello stato totalitario. Un regime governato dal fantomatico Big Brother, personaggio carismatico che nessuno ha mai visto, descritto con una fisionomia simile a quella di Hitler e Stalin.
Il compito del Ministero della verità è quello di rendere la realtà conforme all’ideologia del partito, quindi anche di falsificare ogni tipo di informazione circolante nella società e di riscrivere secondo la “neolingua” della nuova propaganda governativa tutto ciò che la contraddice, dai libri di storia fino ai romanzi.
La neolingua è, infatti, una lingua artificiale creata con lo scopo di rendere impossibile ogni pensiero sovversivo (cioè contrario all’ideologia del partito), attraverso una limitazione del bagaglio lessicale del popolo, che finisce per determinare, di fatto, una minimizzazione delle capacità di esprimere concetti complessi.

La forza del partito descritto da Orwell è costruita proprio attraverso il livello di ignoranza, con cui riesce a soggiogare le masse: meno il popolo sa, più il partito può.
All’ignoranza delle masse, poi, si associa anche l’alienazione di coloro che dirigono il partito stesso: un’alienazione fondata sul «bipensiero» (termine appartenente alla neolingua), quel meccanismo psicologico attraverso il quale un governo dittatoriale riesce a far credere contemporaneamente ai propri sudditi due verità tra loro contrapposte.

«Credere fermamente di dire verità sacrosante mentre si pronunciavano le menzogne più artefatte; ritenere contemporaneamente valide due opinioni che si annullano a vicenda, sapendole contraddittorie fra di loro e tuttavia credendo in entrambe; credere che la democrazia sia impossibile e nello stesso tempo vedere nel Partito l’unico suo garante; dimenticare tutto ciò che era necessario dimenticare ma, all’occorrenza, essere pronti a richiamarlo alla memoria, per poi eventualmente dimenticarlo di nuovo».

 

Uno dei manifesti simbolo del Big Brother

Oggi, a settant’anni dalla pubblicazione del celebre romanzo di Orwell, risulta ancora più evidente la sua sconvolgente attualità.

Tuttavia, la differenza più importante da sottolineare tra la società odierna e quella immaginata da Orwell è che oggi non abbiamo nemmeno bisogno di una neolingua che ci renda incapaci di elaborare un pensiero complesso: basta il titolo semplificato di una notizia, anche falsa, vista su Facebook o altri social affini, per farci credere a cose non vere.
Quotidianamente ci viene sbattuta davanti agli occhi la verità del giorno, e tutto ciò che c’è di precedente sfuma lentamente nella nostra memoria, rendendoci incapaci di avere uno sguardo oggettivo, distaccato e critico sia sul passato, ma anche, e soprattutto, sul presente.

L’attualità del romanzo di Orwell è resa ancora più evidente dal pericoloso utilizzo della tecnologia, che ha impresso un cambiamento decisivo alla nostra vita, consentendo a tanti singoli “Big Brothers” di seguirci passo dopo passo, ogni giorno, in ogni momento della nostra vita.

Il costante controllo dei cittadini, descritto dal nostro George all’interno del romanzo, reso possibile attraverso l’utilizzo di telecamere presenti in ogni luogo della città, sta progressivamente diventando realtà, in modo più evidente in Cina.
Solo il territorio di Pechino, infatti, è monitorato da 46 mila telecamere. Le autorità cinesi si sono poste l’obiettivo, nei prossimi due anni, di rendere il sistema di videosorveglianza onnipresente e pienamente integrato nella società, investendo ulteriori 30 milioni di dollari nel miglioramento dell’apparato di controllo.
Di fatto, è innegabile che in Cina la tecnologia del riconoscimento facciale è ormai parte integrante della vita quotidiana.

Una delle innumerevoli postazioni di sorveglianza e riconoscimento facciale in Cina.

Ad esempio, a Zhengzhou (nella Cina centrale), la polizia ferroviaria è dotata di occhiali che, grazie ad una piccola telecamera equipaggiata con il riconoscimento facciale, consentono di monitorare ed individuare i criminali tra la folla. Inoltre, come sottolineato da Francesco Radicioni, in un articolo del Il Fatto Quotidiano, all’Università del Sichuan la medesima tecnologia è utilizzata per verificare la presenza degli studenti in classe. Si è da tempo superato l’utilizzo del badge per l’ingresso in ufficio e, addirittura, in alcuni sportelli bancomat non è più necessario avere la carta di credito con sé per ritirare i soldi.

Non possiamo, inoltre, trascurare il Social Credit System, iniziativa elaborata dal governo cinese con lo scopo di classificare, attraverso un punteggio, i propri cittadini.
Le fondamenta del Social Credit System verranno completate e rese effettivamente operative nel 2020. A quel punto, ad ogni cittadino sarà assegnato un punteggio, rappresentante il suo “credito sociale”, sulla base delle informazioni possedute dal governo riguardanti, appunto, la sua “condizione economica e sociale”.
Quindi, ad esempio, chi compie infrazioni (come abbandonare la spazzatura in giro o non pagare una multa), perde punti. Ma non solo: anche comportamenti o abitudini ritenute “poco utili” (come fumare o comprare troppi videogames) vengono penalizzate. Chi, invece, compie azioni considerate “virtuose”, come la donazione del sangue o la beneficienza, cresce di punteggio.
Chiaramente, la logica conseguenza è che i cittadini con un punteggio particolarmente basso saranno tenuti sotto stretta sorveglianza e impossibilitati di usufruire di molti servizi sociali.

Ogni veicolo ed individuo, tramite l’onnipresente video-sorveglianza, viene costantemente riconosciuto e tracciato. Lo stesso sistema verrà implementato dal 2020 nel Social Credit System, al fine di “valutatare” ed assegnare i punteggi.

Se, da un lato, alcuni ritengono che le autorità cinesi stiano elaborando un metodo efficace per controllare e scardinare il crimine, molti critici sostengono invece che stiano progressivamente creando un modello di controllo sui propri cittadini, analogo a quello descritto da Orwell. Inoltre, il fatto che vengano offerte possibilità di riconquistare punti attraverso donazioni di soldi in beneficienza comporta che, a differenza degli indigenti, persone con una maggiore disponibilità economica avranno la possibilità di ricompensare i comportamenti scorretti e quindi di riguadagnare punti, aumentando sempre di più la distanza che separa la parte ricca della società da quella povera (a prescidere dalla reale “bontà” degli individui).

Questo punteggio, conferito al singolo cittadino in base a comportamenti giusti o sbagliati, non può non ricordare il famoso episodio della serie Black Mirror, intitolato Caduta libera”.
La domanda centrale da cui prende forma l’intero episodio è la seguente: che cosa succederebbe nella nostra società se i likes sui social contassero realmente?

Lacie Pound, protagonista della puntata in questione, vive all’interno di una società in cui ogni aspetto della vita quotidiana dipende dal punteggio che il singolo cittadino ha nel proprio canale social. All’interno di questa società distopica le persone vengono giudicate in base alla loro popolarità su un’applicazione molto simile ai nostri social media, dove viene conferito un punteggio da 0 a 5.
In base al giudizio delle persone che incontrano nella loro vita, gli abitanti di questa realtà hanno la possibilità di comprare un appartamento, trovare più facilmente lavoro e di scegliere in quale quartiere vivere, laddove invece avere un punteggio basso preclude opportunità fondamentali nella loro quotidianità, come, ad esempio, il semplice acquisto di un biglietto aereo. Inoltre, speciali lenti permettono a ciascuno di visualizzare il punteggio di chi incontra per strada, in un solo colpo (non vi ricorda nulla?).

Scena tratta da “Black Mirror: Caduta Libera”.

In un società così descritta è chiaro che i rapporti diventino falsi, di interesse, finalizzati ad ottenere un rating più alto, quindi la natura delle relazioni interpersonali finisce per basarsi sul giudizio, o meglio sul pregiudizio, che gli altri hanno nei nostri confronti.

Black Mirror, allo stesso modo del romanzo di Orwell, raffigura un futuro distopico e malato, in cui il microfisico e pressante controllo, reso possibile dallo sviluppo tecnologico, è in grado di spegnere la libertà del singolo individuo, la sua capacità di giudizio, uniformandolo al resto del popolo che obbedisce, senza neanche rendersene conto.

A questo punto, però, se ci guardiamo intorno, non possiamo non prendere consapevolezza che il futuro immaginato da Orwell (oltre che dalla serie Black Mirror) non sia tanto distopico e irreale, ma qualcosa che si sta rivelando sempre più vicino alla realtà e ormai visibile nella nostra quotidianità.
Circondati da mille occhi che ci guardano e guarderanno sempre di più, come cantava David Bowie nella celebre canzone 1984, quello che possiamo fare è prendere consapevolezza della situazione che si sta delineando intorno a noi e prestare «attenzione alle fauci feroci del 1984».

Prix
(ph LaCirasa)