Secessione di nascosto

Vista da qui, l’Italia sembra un unico aggregato territoriale, unito dalle Alpi alla Sicilia e circondata dal blu del Mediterraneo.
La forma inconsueta le dona quel tono di particolarità che si può riscontrare anche nella sua popolazione, nelle sue strade, nel suo cibo.

Qui su Solipsia abbiamo ormai “dimenticato” le nostre originiCi muoviamo in un territorio senza confini, unito grazie alla terra stessa che ha deciso di aggregarsi, diventando suolo fertile per le nostre menti, avide di crescereDa quando siamo qui abbiamo, di comune accordo, deciso che l’occhio della nostra isola dovesse avere una comprensione multi-variata della realtà, sempre attenta ad ogni angolo del pianeta sotto di noi.
Ogni nazione, ogni territorio, ogni persona, ogni anima. Senza distinzione alcuna.
Ognuno dei luoghi del pianeta può essere osservato da qui. Si riesce ad arrivare ovunque nello stesso momento. Qui ed ora, per l’appunto.

Ora sono qui, gambe penzoloni, come al solito.
Tempo fa, guardando quello stivale, seduto proprio qui dove sono adesso, pensavo alla melma nera e cattiva che pervadeva e continua a pervadere le strade italiane da qualche anno. Ne ho ampiamente discusso nel mio articolo “Il Rigurgito”.
Ma ora, da qui, si odono altre polemiche: come sempre cercherò di ricostruire la situazione attuale, partendo dalle radici.

In ordine: Umberto Bossi, Silvio Berlusconi, Raffaele Fitto, Pier Ferdinando Casini, Gian Franco Fini

1994. Il sistema politico e istituzionale in Italia è in crisi da anni per via di Tangentopoli.

La disillusione nei confronti della classe politica ribolle nell’elettorato italiano.

Nel frattempo, si stava già preparando un nuovo patto per governare il paese: Silvio Berlusconi scendeva in campo con il suo neonato partito Forza Italia (è passata una vita, no?) e tesseva le alleanze politiche in grado di sconfiggere il malcontento popolare, creatosi dopo anni di corruzione dilagante e collisioni tra sistema giudiziario e politico (pensate un po’…). Vennero create, di conseguenza, due coalizioni: una, al Sud, chiamata “Polo del buon governo”, comprendente Forza Italia, MSI e Centro Cattolico Democratico; l’altra, al Nord, chiamata “Polo delle libertà” che includeva i partiti appena elencati più la Lega Nord (nel suo stampo “originale”: di orientamento secessionista e antinazionalista, già presente in Parlamento dalle elezioni del’92).

Quando la gallina era uovo.

I punti principali dell’ideologia leghista erano composti da una eterogenea convivenza di vari assetti, che variavano dalle posizioni “antifasciste” e “di ispirazione partigiana” di Bossi a quelle ultracattoliche di destra di Borghezio e co. Si basavano, inoltre, su un’accentuata volontà di secessione dal resto d’Italia da parte di alcune regioni del Nord (Lombardia, Veneto, Piemonte, Emilia-Romagna e Toscana) e su un acceso federalismo, misto ad una chiara visione regionalista delle organizzazioni statali e sovrastatali. Il fondatore (ed ex-leader) della Lega Nord, Umberto Bossi, arrivò nel 1996 a proclamare l’indipendenza della Repubblica Federale della Padania, mai riconosciuta da nessuno degli enti nazionali ed internazionali.

Umberto Bossi

Il Carroccio alterna, dal 1992 in poi, momenti in cui si trova, sempre in coalizione, al governo del paese, e momenti in cui è all’opposizione. Negli anni, comunque, si è potuta osservare la natura “barbara” dei componenti del partito nordista: cappi in Parlamento, insulti razzisti, cori da stadio, uova lanciate sul viso di diplomatici internazionali e potrei continuare all’infinito.
Tutto questo oggi permane nelle logiche personali dei politici leghisti, ma viene celato dietro un apparente tono istituzionale che, comunque, non riesce a nascondere le più becere rimostranze nei confronti di tutto ciò che non è loro simile.

Poi, all’improvviso, la metamorfosi.

La metamorfosi ha inizio con l’elezione di Matteo Salvini a segretario della Lega Nord: il milanese, nel 2013, riesce a battere, con l’82% delle preferenze, il fondatore Umberto Bossi.
L’elezione di Salvini a segretario del partito segna un netto spostamento a destra nell’ideologia padana: il 28 febbraio 2015 l’allora neosegretario del Carroccio indice una manifestazione a Roma, in Piazza del Popolo, contro l’ex Presidente del Consiglio Matteo Renzi.
La manifestazione è indetta, oltre che dalla Lega Nord, anche da Casapound e da Fratelli d’Italia.
Alla manifestazione partecipano circa trentamila persone.

Il vero mutamento, tuttavia, è un altro.

Qualche mese prima della manifestazione di Roma, Matteo Salvini (precisamente nel dicembre 2014), fonda il movimento “Noi con Salvini”, partito nato con l’esplicito obiettivo di sostenere la candidatura del segretario anche al Centro e al Sud.
3 anni dopo, nel Congresso del Carroccio tenutosi a Parma il 21 maggio 2017, Salvini mostra a tutti le proprie carte. Proprio in questa occasione (in cui viene riconfermata la sua carica a segretario del partito), che l’attuale vice-premier sfodera il suo slogan più redditizio: “Prima gli italiani”.
Non prima il Nord, ma prima gli italiani.

Matteo Salvini durante il discorso al Congresso di Parma – 2017

Con un prestigio immenso, verrebbe da dire felpato, vengono “cancellati” 25 anni di insulti e razzismo nei confronti del Meridione. Nella pratica, tuttavia, non si può certo definire una presa di coscienza (come gli esponenti meridionali della Lega sostengono e si sforzano di credere): resisi conto del potenziale bacino di voti, scompaiono, almeno pubblicamente, gli insulti rivolti al Sud.

E, alla fine, la svolta.

Alle elezioni del 4 Marzo 2018 la Lega Nord è ormai, da qualche mese, diventata la Lega, senza Nord.
Il camouflage funziona, contro ogni pronostico, facendo ottenere alla Lega un 17,3% storico.
I dati interessanti sono osservabili al Sud: in Sardegna la Lega si attesta al 10% (nel 2014 ottenne l’1% dei voti totali), in Molise al 9%, in Puglia e in Basilicata al 7%.
Si potrebbe dire che l’all-in sia completamente riuscito. Si potrebbe considerare ancor più riuscito se guardiamo, dopo tutto il passato, alle polemiche di questi giorni su un’espressione che è ormai sulla bocca di tutti: autonomia differenziata.
Un dossier pubblicato proprio in questi giorni dal Senato della Repubblica chiarisce i punti di questo passaggio:

L’articolo 116, terzo comma, della Costituzione prevede che la legge ordinaria possa attribuire alle regioni “ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia” sulla base di un’intesa fra lo Stato e la regione interessata”.

Lo scorso 22 ottobre si sono svolti due referendum (nelle regioni LombardiaVeneto) al fine di ottenere la suddetta autonomia rispetto alle competenze statali: successivamente l’autonomia differenziata sarà richiesta anche dall’Emilia-Romagna, senza però ricorrere a consultazioni popolari.

La fregatura.

Questo tipo di pratica permette alla regione che lo richiede di ottenere la competenza legislativa riguardo materie che, altrimenti, vengono considerate concorrenti, ovvero di legislazione concorrente tra regione e Stato: tra queste materie vi sono l’istruzione, la sanità, la tutela dell’ambiente, i beni culturali, la gestione di porti e aeroporti, ecc. Queste materie, assieme a molte altre, tramite l’autonomia differenziata diventerebbero di esclusiva competenza della regione.
Le pratiche per questo tipo di procedimento sono state avviate dal governo precedente, ma subito dopo l’insediamento di quello attuale si è capito che non ci sarebbero stati ostacoli a riguardo, anzi: nel famigerato contratto di governo è esplicitata chiaramente la volontà di continuare questo percorso.
Ed è così che il disegno appare completo.

La Lega, sfruttando i voti presi nell’Italia meridionale, può continuare le proprie personalissime mire secessionistiche, ma con un metodo inedito rispetto a quelli visti fin ora.

Ogni regione che lo richiederà avrà la possibilità di arrivare ad un’indipendenza economica, politica, oltre che burocratica: chiaramente richiederanno l’autonomia solo le regioni in grado di sostenerla economicamente, quelle con un bassissimo grado di evasione fiscale e un alto grado di sviluppo amministrativo. In altre parole, le regioni del Nord.

Rido al solo pensiero della guerra che si sta creando nelle menti degli esponenti terroni della Lega.
Combattono contro una voce interiore che gli sta comunicando di essere stati fottutiLi immagino, lì, nelle loro sezioni piene di fasci e giovanotti disorientati, combattere contro sé stessi, affermando che in realtà l’autonomia differenziata possa essere una soluzione ottimale anche per le regioni del Sud.

Poveri (e) stolti.

La situazione è tragicomica: comica, poiché la sensazione bruciante di essere stati semplicemente sfruttati per un meccanismo perverso, quanto malignamente geniale, traspare dai volti di questa gente. Gli si legge in volto.
Tragica, poiché non si riesce ancora a capire come ci si sia potuti dimenticare di 25 anni di insulti, di cori, di discriminazioni dure e pure… e di soldi rubati.

Non si riesce ancora a capire come ci si sia potuti dimenticare che l’attuale vice-premier, sempre nel 2013, sosteneva che “sotto al Po non c’è voglia di lavorare”.
Non si riesce ancora a capire come e perché un movimento come quello leghista, nato tra ignoranti vestiti di verde e con corna finte in testa, possa oggi tenere le redini dell’intera Italia… o forse sì.

Mister O
(ph: Svario)