Venezuela, tra passato e presente

Il Venezuela è un paese del Sud America, appollaiato appena sopra l’Equatore.
La popolazione è distribuita irregolarmente, con il 73% degli abitanti che vive a massimo 100 km dalla costa. Un classico paese sudamericano, con i suoi classici demoni dell’interno, che spingono gli abitanti verso il mare (solo il 5% della popolazione vive nella valle dell’Orinoco, nonostante questo territorio occupi la metà dell’intero territorio nazionale).

In questi anni il paese è teatro di rivolte sanguinose, di venti di ribellione, mossi dagli oppositori di Nicolas Maduro: il paese versa in condizioni economiche disastrose ormai da anni, l’inflazione nel 2018 ha toccato la soglia di 1’000’000% (avete letto bene, UN MILIONE PERCENTO), vi è carenza di beni di prima necessità, l’elettricità è razionata, l’11,4% dei bambini soffre di malnutrizione da media a grave, nonostante il paese abbia una delle più imponenti riserve di petrolio al mondo.

Nelle ultime settimane, Caracas ha visto le proprie strade colmarsi di nuovi scontri, di nuove urla, di nuovo sangue. Juan Guaidò, presidente dell’Assemblea Nazionale del Venezuela, appellandosi all’articolo 233 della Costituzione venezuelana (se non vi è un presidente democraticamente eletto, il presidente del parlamento deve prendere il potere provvisoriamente per indire nuove elezioni libere), si è autoproclamato Presidente del paese latinoamericano.

Questo fuoco arde da tempi immemori ormai, e per comprendere il fenomeno attuale bisogna tornare indietro nel tempo e cercare di mettere insieme i pezzi, in un puzzle formato da fattori eterogenei, differenti fra loro. 

Hugo Chavez e Nicolas Maduro (foto di Juan Barreto / AFP)

Caracas, 27 febbraio 1989. Per le strade della capitale iniziano a muoversi fiumi di persone in rivolta: il Caracazo, una delle manifestazioni di dissenso più imponenti della storia recente del Sud America. Si può definire una vera e propria rivolta popolare contro l’istituzione di politiche neoliberiste del presidente Perez, in quello che venne successivamente chiamato Washington Consensus: per uscire dalla grave crisi economica che aveva causato l’aumento dei prezzi del petrolio, il presidente cercò di adattarsi alle politiche dettate dall’FMI, scatenando l’ira del popolo.

Immagine originale Caracazo (1989)

Durante la protesta vi furono diversi scontri tra forze armate e dimostranti, che causarono, secondo le fonti ufficiali, circa 300 vittime (alcune stime, in realtà, parlano addirittura di un numero molto superiore: circa 3000 morti).

Nei dieci anni successivi, le politiche neoliberiste in tutta l’America Latina iniziarono ad implodere, lasciando spazio dovunque ad una riappropriazione totale dei mezzi di produzione e distribuzione: esempi pratici furono le elezioni di Lula in Brasile e l’avvento al potere di Evo Morales in Bolivia.

Ora, spostiamoci da Caracas per andare a Sud-Ovest.
Sabaneta, nello stato del Barinas, nell’ottobre del ’61 un bambino viene rifiutato dalle scuole elementari poiché non possiede un paio di scarpe integre, ma solo dei sandali di corda creati a mano da sua nonna. Quel bambino, 11 anni dopo (all’età di 17 anni), decide di arruolarsi presso l’Accademia venezuelana delle Arti Militari. Qui inizia a formarsi, a leggere Marx e Lenin. Qui inizia ad ispirarsi principalmente a Sìmon Bolivàr: liberatore del Sud America, fondatore e presidente della Grande Colombia (una macro-nazione comprendente Colombia, Venezuela, Ecuador e Panama). Quel ragazzo era Hugo Chavez, e di lì a qualche anno sarebbe diventato Presidente del Venezuela.
Ma procediamo con ordine.

Hugo Chavez (foto di Leo Ramirez, AFP/Getty Images)

Nel 1983 Chavez fondà l’MBR-200, gruppo armato di ispirazione bolivariana. Durante il Caracazo, Chavez e i suoi uomini rifiutarono gli ordini statali che imponevano ai militari di sparare sulla folla: questo accreditò il leader delle MBR come “amico del popolo”.

Nel febbraio del 92, per le strade di Caracas si muovono cinque formazioni di soldati. E’ un tentato golpe, guidato proprio dallo stesso Chavez. Tuttavia, il tentativo fallisce ed Hugo viene imprigionato. Riacquisterà la libertà solo nel 1994, ma viene costretto ad abbandonare le forze militari.
Questo non frena la sua carriera politica: nel 1997 fonda un partito, il Movimento Quarta Repubblica, e nel 1998 diviene Presidente del Venezuela, con il 56% dei voti.

L’ideologia politica di Chavez non ha una collocazione ben precisa: è un misto omogeneo tra socialismo, nazionalismo di sinistra e le idee di quel Bolivar che non lo abbandoneranno mai, fino al giorno della sua morte.
Tutto ciò era contornato dalla chiara inclinazione anti-imperialista nei confronti degli Stati Uniti: Chavez iniziò sin dall’inizio del proprio mandato ad intrattenere rapporti con quei paesi (definiti “stati canaglia”) non allineati con la politica americana.
Dal 1949 fino alla sua elezione (non a caso), il Venezuela era stato definito dagli stessi statunitensi come “il giardino di casa”. Divenuto presidente venezuelano, Chavez cercò in tutti i modi di evitare gli interessi americani, sia attuando politiche di nazionalizzazione delle imprese petrolifere, sia favorendo un’integrazione maggiore tra i paesi dell’America Latina: a tal proposito, assieme al governo cubano, fondò il progetto ALBA (Alleanza Bolivariana per le Americhe), che si opponeva all’ALCA (Area di Libero Commercio per le Americhe), fondato dagli USA.

Ciò nonostante, nel 2002 in Venezuela fu tentato un ulteriore colpo di stato, promosso da varie forze politiche del paese: rappresentanti del mondo cattolico, del mondo dei media e dei partiti politici d’opposizione invocarono uno sciopero generale a sostegno di alcuni membri del PDVSA (Compagnia petrolifera statale venezuelana) che Chavez aveva epurato in seguito a precedenti tensioni.
La rivolta contro il Presidente bolivariano aveva anche appoggi esterni provenienti dagli Stati Uniti.
Tuttavia la stessa PDVSA, durante gli scioperi, cessò la produzione per oltre 2 mesi, ritrovandosi in condizioni economiche ed interne disastrose al termine delle proteste. Gli effetti della risonanza mediatica, sui mercati prima che nelle piazze, non si fece attendere, destabilizzando ulteriormente l’economia venezuelana.
Fu allora che circa 6 milioni di persone invocarono a gran voce il ritorno di Chavez al potere, che avvenne nell’aprile del 2004.
Chavez proseguì le proprie politiche sociali ed economiche, nonostante l’inflazione galoppante e la scarsa crescita economica. Le portò avanti fino alla sua morte, avvenuta nel 2013. All’epoca aveva appena vinto le elezioni, era appena stato legittimato per il suo quarto mandato consecutivo, ma la malattia imperava e fu costretto a cedere tutti i poteri al suo vice di quel tempo, Nicolas Maduro.

Nicolas Maduro

Sin dal suo insediamento, Maduro ha visto non riconosciuta la propria legittimità da gran parte della popolazione venezuelana. Ha inoltre ereditato (talvolta incrementando) i problemi, sociali e non, causati dalla gestione economica del governo Chavez. Le proteste in Venezuela, alternando momenti di picco e momenti di calma apparente, non si fermano dal 2013.
Nonostante i tentativi di arginare la gravissima depressione economica che affligge il paese sudamericano da decenni, la crisi sociale sobbolle nelle vie delle città venezuelane.

Nel maggio del 2018, al termine di un turno elettorale non esente da dubbi, Nicolas Maduro vince ed ottiene il mandato per governare il Venezuela fino al 2025. Le elezioni vengono tuttavia dichiarate illegittime dall’opposizione e dall’opinione pubblica, principalmente a causa dell’astensionismo, superiore al 50%.
Dopo tre mesi, nell’agosto del 2018, il Presidente venezuelano è vittima di un attentato, da cui esce illeso.

Successivamente, il 23 Gennaio 2019, il presidente dell’Assemblea Nazionale venezuelana Juan Guaidò si auto proclama Presidente del Venezuela (in nome dell’illegittimità delle elezioni precedenti), ricevendo immediatamente l’appoggio di gran parte dei paesi dell’UE, degli Stati Uniti e di molti altri stati del mondo. Maduro invece incassa l’appoggio della Russia, della Cina e di altri stati non allineati con gli Stati Uniti. Per le strade, ovviamente, si riversa la folla in rivolta (contesa fra i due schieramenti) e la Polizia, dando vita all’ennesimo scenario di guerra civile venezuelano.

Il 25 Gennaio, l’agenzia di stampa americana “Associated Press” ha rilevato che l’autoproclamazione è avvenuta dopo un tour segreto effettuato da Guaidò tra gli Stati Uniti, la Colombia e il Brasile.

In questo momento l’empasse continua, con il Venezuela al centro dello scacchiere internazionale. Questo articolo è stato sviluppato proprio nell’ottica di fornire un punto di vista generale delle radici e delle influenze presenti all’interno della questione venezuelana: gli interessi sono chiaramente eterogenei e i fattori che hanno causato l’attuale crisi sociale ed economica sono da imputare in diverse percentuali al passato del paese, alle continue influenze esterne nelle varie epoche più o meno recenti (su più fronti e schieramenti), alla gestione odierna delle politiche ed a tutte quelle fratture interne e ferite ancora scoperte che il Venezuela si porta tutt’oggi addosso.

Non ci resta che aspettare il prossimo passo.

Mister O