“Il Sindaco” e l’ambiguità dei segreti “conosciuti”

Il Sindaco e l’ambiguità dei segreti “conosciuti”

Il Sindaco – Italian Politics for Dummies è il titolo del primo film de Le Iene, uscito nelle sale-cinema italiane il 26 e il 27 novembre scorso. A girarlo è il giovane Ismaele La Vardera che, martedì 11 dicembre, è stato ospite della facoltà di scienze politiche dell’Università di Bologna, per discutere riguardo alcune tematiche del suo film-inchiesta, proiettato lo stesso giorno.
Noi di Solipsia, come sempre, eravamo presenti in prima linea per confrontarci e guardare con i nostri stessi occhi quello che è stato definito dallo stesso Ismaele una «radiografia del potere» inedita e sconvolgente.

E’ proprio attraverso il monologo ad inizio film, infatti, che le nostre aspettative sono aumentate progressivamente:

«Mi chiamo Ismaele, ho 23 anni e mi sono candidato a Sindaco di Palermo. Oggi è il giorno delle elezioni. In questi mesi ho capito che cosa succede a chi entra negli ingranaggi della politica: sono stato corteggiato, mi hanno offerto posti di lavoro, voti, scambi di ogni genere. Ho perso lucidità e sono finito dentro una cosa più grande di me. Però, con una camera nascosta in un borsello, ho registrato tutto. Ho registrato Matteo Salvini, Giorgia Meloni, Ignazio La Russa, Rosario Crocetta, Totò Cuffaro (…) e ho registrato molti altri politici, aspiranti politici, millantatori e banditi. Tutto di nascosto, con l’idea di rendere la politica una scatola trasparente».

La campagna elettorale di Ismaele La Vardera, candidato sostenuto da Matteo Salvini alle comunali di Palermo del 2017, viene raccontata all’interno del docu-film attraverso le registrazioni segrete degli incontri privati, sostenuti con politici e personaggi più o meno noti della scena palermitana. Intorno al candidato ventenne si concentrano gli interessi di chi vorrebbe riscattarsi agli occhi dell’elettorato meridionale, di chi è in cerca del voto dei giovani e di chi, fingendo di sostenere “il nuovo”, desidera mantenere tutto come è sempre stato.
La Vardera, con una telecamera nascosta (fatta entrare persino dentro Montecitorio), documenta i suoi dialoghi con Giancarlo Giorgetti (vicesegretario generale della Lega Nord) e Matteo Salvini.
Tema centrale dei dialoghi tra Ismaele, Giorgetti e Salvini è la strategia elettorale da adottare per raggiungere l’obiettivo: la vittoria alle elezioni. Non si discutono progetti, temi, contenuti, programmi… si parla solamente della strategia più adatta per raggiungere la vittoria.
In questo senso, è interessante osservare proprio ciò che il film sceglie di non mostrare: i programmi, le idee, le battaglie, i progetti, le iniziative che sono, più delle strette di mani e dei patti, la parte viva della politica (o presunta tale). Non una sola parola viene spesa nel film su questi temi: nessuno ne parla e a nessuno interessa. Nemmeno allo stesso Ismaele che, come lui stesso sottolineato, è stato scelto non perché avesse una determinata idea per Palermo, ma solamente perché era un “giovane interessante”.

È così che, fin dalle primissime scene del film, la politica appare “vuota”, anzi “svuotata” di contenuti e ridotta a mera strategia. Emerge fin da subito che l’interesse principale delle Lega è riuscire a piazzare, attraverso un giovane di 23 anni, qualche bandiera del partito anche al Sud.
Niente di nuovo, insomma, e niente di misterioso.
Non sentiamo pronunciare, né da Salvini né da Giorgetti, nessuna frase scomoda o sconvolgente: si parla di strategia e non di politica, ma questo di per sé non colpisce particolarmente noi spettatori, abituati ormai ad una politica che si esercita attraverso tweet, post e like.
In sintesi, Ismaele, attraverso il suo film, sebbene aspiri a svelare al pubblico i meccanismi segreti della politica italiana, nella realtà dei fatti, non fa altro che far emergere quelli che sono i segreti “conosciuti” da tutti noi.

(Il tweet di Salvini, dopo l’intervista assieme, in sostegno di Vardena)

La Vardera si è presentato, fin dall’inizio della sua candidatura, come un’alternativa al vecchio sistema, come un nuovo “Davide contro Golia” nel panorama politico palermitano.
Nonostante le migliori intenzioni, l’errore che ha “macchiato” la sua candidatura è stato senza dubbio, come da lui stesso ammesso durante l’incontro dell’11 dicembre, quello di allearsi con Salvini, con l’unico scopo di avere un potere forte dietro le spalle, in grado di garantirgli una maggiore probabilità di successo.
L’errore di La Vardera, come emerge chiaramente dal film, è stato proprio quello di accantonare un’ideale politico fondamentale (la politica dell’accoglienza che caratterizza una città multietnica come Palermo) con l’unico intento di ottenere maggior visibilità, e quindi successo. Di fatto, non si è poi allontanato molto da ciò che aveva dichiarato di voler rigettare e cambiare.
E non è già questo da recriminare?
Dal mio punto di vista, è sicuramente fondamentale per un politico mantenersi coerente con il proprio pensiero e progetto, anziché allearsi per ottenere maggiore consenso e perdere, di conseguenza, di credibilità, come accaduto ad Ismaele.

Il Sindaco, inoltre, non solo non riesce a raccontare la politica “in trasparenza”, ma anzi racconta la politica con un’opacità di sguardo compromessa dalla selezione del materiale.
La Vardera ci mostra, infatti, solo ciò che ha scelto di mostrarci.
Ne è un esempio il fatto che non viene inserita all’interno del film la reazione di Salvini alla confessione di Ismaele di aver registrato ogni loro incontro, mentre viene mostrata quella della Meloni (che, tra l’altro, viene dipinta come una donna ferita, perché delude le sue “buone intenzioni”) e di altri politici noti.
Inoltre, la predominanza nel film di Salvini (raccontato addirittura come uomo attento al popolo ed alle periferie e disposto a «fare mea culpa sui palermitani e aprire le sue posizioni sull’immigrazione»), appare sospetta, considerato che La Vardera è stato il candidato ufficiale del Matteo.
Predominanza che appare ancora più sospetta se si prendono in considerazione le frequentissime parole di spropositata ammirazione della madre del protagonista nei confronti del leader del carroccio, presenti praticamente in ogni momento del film.
È importante sottolineare, poi, come La Vardera sia stato il primo candidato sindaco sostenuto da un leghista nella storia di Palermo (dettaglio non di poco conto).
Di fatto, alla fine del film, emerge un’immagine quasi idealizzata di Salvini: un uomo umile, che si preoccupa del popolo, che si abbassa tra i più deboli e disposto a scendere a compromessi riguardo quello che è stato il tema fondamentale della sua campagna elettorale: la non-accoglienza.

 

Le parole di Ismaele, durante l’incontro a cui abbiamo partecipato, non hanno chiarito le mille ambiguità emerse dalla visione del film, piuttosto il contrario.
Infatti, alla domanda posta da McMay: «se avessi vinto, sarebbe continuata la tua alleanza con Salvini?» La Vardera risponde con un semplice «Mmh, non lo so».
Sottolineando, successivamente, come il “Salvini persona” fosse, in realtà, molto diverso dal “Salvini personaggio” (cosa di per sé poco rilevante, dal momento che è il “Salvini personaggio” ad influire in modo determinante e con scelte anti-democratiche nella nostra società).
Risulta quindi superfluo per i cittadini sapere se nella sua vita privata e personale sia in realtà la persona più tollerante, pacata ed accogliente. D’altronde stiamo parlando di politica e non di gossip, a volte è bene evidenziarlo.

Tra le varie critiche che emergono dalla visione del film, tuttavia, è da ammirare il coraggio dimostrato da La Vardera nel denunciare Antonino Abbate, il nipote del boss Gino Abbate, dopo essergli stata offerta una compravendita di 9000 euro per 300 voti (30 euro a voto).

Non è chiaro, però, se La Vardera non abbia usato (o non abbia potuto farlo) tutto il materiale registrato, oppure se non sia riuscito a registrare chissà quale segreto dal momento che i politici non si fidavano di lui. Sicuramente, però, risulta evidente come il film non abbia mantenuto le promesse dichiarate e le conseguenti aspettative create in noi.
Non c’è infatti alcuna radiografia del potere. C’è, piuttosto, l’ennesima testimonianza di come la politica sia in realtà un mondo molto semplice e scontato
: non importa saper fare quello che prometti all’elettorato. Importa prometterlo bene, con carisma ed efficacia. Importa la strategia da utilizzare, non il programma politico che si intende seguire.

Il Sindaco resta un progetto interessante, che vale la pena osservare con attenzione, perché può essere considerato una chiaro indice del livello di spaesamento politico e ideologico raggiunto attualmente nella nostra società.
Più che svelare i meccanismi latenti della politica, Ismaele mette in luce tutto quello che noi già sappiamo: la politica è sostanzialmente un gioco dove vince chi ha più influenza dell’altro, chi è più abile, simpatico e retorico nei talk show. L’importante, attualmente, non è che chi governa l’Italia abbia le capacità per farlo, ma che abbia i mezzi ed il carisma per comunicarlo.
Dunque è questo l’interrogativo importante che solleva la pellicola: a che serve cercare la trasparenza, quando di per sé la scatola al suo interno è vuota?

Il film ci insegna, piuttosto, a riflettere, non tanto su quanto la politica sia priva di contenuti (questo è già di per sé evidente dalla situazione attuale), ma su quanto attualmente sia importante portare avanti un ideale per il bene di tutti, senza lasciarsi travolgere dalla smania di potere e dal gioco politico, che inevitabilmente finiscono per accecare.

Alla fine della campagna elettorale, La Vardera non arriva al 5% (si ferma al 2,5%) e non piazza nemmeno un candidato al consiglio comunale.
Proprio in virtù di questa sconfitta netta una domanda potrebbe, a questo punto, sorgere spontanea: se Ismaele avesse vinto le elezioni comunali avrebbe comunque deciso di girare questo docu-film? Avrebbe comunque rinnegato l’alleanza con Salvini nel momento in cui quest’ultimo ha bloccato per diversi giorni, nel porto di Augusta, centinaia di migranti per fare il braccio di ferro con l’Europa?

Probabilmente (anche se possiamo solo ipotizzarlo dalle parole utilizzate durante l’incontro dell’11 dicembre) avrebbe comunque intrapreso quella tortuosa strada fatta di sotterfugi, strategie, alleanze assurde e ambigue, con l’unico obiettivo di conservare il potere.
Diciamolo senza remore. Nel momento in cui si è in mezzo al gioco, difficilmente se ne riesce ad uscire, o meglio: difficilmente si desidera uscirne perché, in fin dei conti, la strada più semplice e corta da percorre è quella che, solitamente, si preferisce. 

Ciò che dovrebbe contraddistinguere un ragazzo di 23 anni da qualsiasi altro politico veterano, oltre alla poca esperienza (che senza dubbio rappresenta un punto a sfavore), è la voglia di fare, l’essere determinati e convinti delle proprie idee.
Quando si è giovani ci si sente in grado di poter far tutto e si ha l’energia fondamentale per combattere e provare a realizzare davvero ciò che si crede. Se già questa peculiarità fondamentale (che ci caratterizza) viene a mancare e si aspira solamente ad ottenere un punto di vista importante nella società, accantonando gli ideali che avevano inizialmente influenzato determinate decisioni, si va verso una china scivolosa che porta inevitabilmente al nulla, allo svuotamento e anche alla sconfitta.
Forse è questo l’errore principale che mi sento di recriminare a Ismaele: l’aver perso (al contrario di quanto si possa pensare dalla promo del film) quella voglia di “fare” con giustizia, buon senso, onestà ed energia che dovrebbe caratterizzare tutti noi.

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