Codice a barre elettorale

Il primo a teorizzare il principio di “rappresentatività” fu Thomas Hobbes, con la sua concezione del Leviatano come unico detentore del potere decisionale dell’apparato statale: solo una comunione di anime può dar vita alla sovranità. Il processo di costruzione di quest’ultima si basa, appunto, sulla cessione di potere decisionale dalle mani del cittadino a quelle del suo rappresentante, che diventerà un agglomerato formato dalle volontà di ognuno dei decisori. Egli, però, una volta avvenuta la cessione, non potrà comportarsi come lo stesso cittadino farebbe nella medesima circostanza, ma dovrà tener conto del bene comune, senza scendere nel quotidiano.

La conquista di questa forma di potere deriva da un calderone di processi storici, rivoluzioni, ideali e sangue… tanto sangue.

Dopo le crisi che ha dovuto affrontare nel corso di tutto il Novecento, la rappresentatività giunge a noi stanca, vuota, martoriata. Ha attraversato decenni in cui è stata trattata come uno zerbino, su cui strisciare le scarpe sporche di corruzione e tradimento. Oggi, questo principio attraversa la crisi più grave.
La disillusione nei confronti della classe politica ribolle nell’animo umano ormai da tempi immemori, è stata concausa della presa del potere degli attuali movimenti di maggioranza in tutto il mondo, e molti ne hanno parlato. Sarebbe lapalissiano prolungare una polemica in atto ormai da trent’anni.

Ma nel momento in cui la protesta si fa istituzione, l’istituzione diverrà protesta?

“Il Movimento 5 Stelle da sempre si fa portatore di valori legati alla democrazia diretta.”

O almeno, questo è quello che da sempre fanno credere.

Nell’attuale governo esiste un Dicastero per i Rapporti con il Parlamento e per la democrazia diretta (a tratti un ossimoro), presieduto da Riccardo Fraccaro (appunto, M5S).
Il supposto progetto che rievoca, nelle più oscure perversioni grilline, la pòlis greca, è in realtà un’ingegnosa macchinazione manovrata da burattinai esterni che, sotto la nobilissima insegna del miglioramento dei dispositivi per la “democrazia diretta”, celano le più losche intenzioni di controllo delle masse.

A gennaio di quest’anno, a riguardo, è stato pubblicato un libro: L’Esperimento. Inchiesta sul Movimento 5 stelle”, scritto da Jacopo Iacoboni, giornalista de La Stampa. L’opera ripercorre il cammino di formazione del Movimento, partendo da quando il suo co-fondatore, Gian Roberto Casaleggio, era solo un giovane manager alla guida di WebEgg, piccola azienda adibita allo sviluppo e alla consulenza tecnologica.
Quando Gianroberto Casaleggio era alla guida della WebEgg, tra i settecento impiegati, mise su un team ristretto di lavoro per sperimentare tecniche di formazione e distribuzione del consenso”. In un passaggio del libro, Carlo Baffè (allora giovane ingegnere di WebEgg) racconta: “ci vedevamo in una riunione ristretta per decidere ‘cosa lanciare sulla Intranet’, per usare un’espressione di Roberto”.

Gian Roberto Casaleggio (Foto Marco Alpozzi – LaPresse)

Un banale forum aziendale, all’inizio, per discutere apertamente di qualsiasi argomento.
In un secondo momento, però, le cose cambiarono:

«Si iniziò a usare il forum per far passare certe posizioni di Roberto come se fossero frutto di una discussione democratica. Il metodo, organizzato in queste riunioni, era il seguente: un membro del gruppo funzionale Intranet lancia la discussione su un tema, un altro membro risponde con una posizione contrastante, poi altri due membri prendono le parti del primo. Un po’ alla volta i normali dipendenti prendevano le parti del primo, e si creava quella che Roberto chiamava la “valanga del consenso”»

Carlo Baffè

Dispositivi che fanno parte pienamente del modus operandi delle ragnatele telematiche grilline. Il meccanismo, ancora oggi, non pare affatto arrugginito, anzi, gode di rinnovato splendore. Un processo riconducibile pienamente anche alla diffusione capillare delle fake news, maggiormente canalizzate nella galassia pentastellata: innumerevoli sono i gruppi Facebook da cui partono le famose bufale che popolano ormai le schermate luminose di ognuno di noi.

L’impostazione permane in tutti i canali di diffusione della propaganda di regime, il motto “uno vale uno” risuona nell’aria, ma l’evidenza rimarca che, a volte, la singola monade può valere anche meno di zero.

Immettere oscure manovre nei princìpi della tanto decantata democrazia diretta significa infangare un nobile cammino, significa far rivoltare nella tomba migliaia e migliaia di martiri che, in nome dei valori della libertà più pura, hanno perso il fiore della propria vita.

Il complottismo non è contemplato. Si tratta di fatti, alla portata di tutti.

Nelle proiezioni più ottimistiche, il progetto fondante è un’etichettatura totale del possibile elettorato, correlata ovviamente ad un’identificazione più dettagliata possibile.

Schemi che già esistono nella community interna alla piattaforma Rousseau.

Il punto è che la gestione di un flusso così ingente di responsabilità quale la macchina che decreta i detentori del potere, per quanto meschino possa suonare, non può essere affidata a soggetti esclusi da logiche controllabili. Ammesso che il voto sia davvero uno strumento utile all’organizzazione di una comunità, la prima cosa che deve essere garantita a chi lo esprime è innanzitutto l’anonimato, nonché la garanzia che esso stesso giunga a destinazione. Se queste condizioni non possono essere apertamente dimostrate, i bei castelli in aria sul superamento della rappresentatività sono indubbiamente ancora al punto di partenza.

Noi, d’altronde, la rappresentatività l’abbiamo già superata da tempo.

Solipsia fluttua placida nel firmamento, priva di meccanismi.

Solipsia supera il Leviatano. Solipsia è comunione di spiriti che si fa parola, idea, progetto comune. 

Solipsia è viva.

Solipsia è speranza, pura speranza.

Mister O
(ph: Natascha Perrotti)