Un etto di lavoro

Adam Smith, lo scrittore politico più frainteso di sempre, per primo si rese conto che la ricchezza degli stati è costituita dal valore della loro forza lavoro, e non dalla quantità di oro posseduto.

Attualmente, ci sono questioni irrisolte da anni, non pervenute nelle agende politiche e che nessuno pare affrontare, nonostante saltino agli occhi di tutti.

Il ragazzo del sud, consapevole dalla nascita che, se vorrà diventare qualcuno, dovrà prima o poi abbandonare casa sua, probabilmente per sempre.

Gli studenti costretti a mantenersi da soli, lavorando a chiamata o per qualche consegna, rischiando la pelle sulle proprie bici, con il gelo o con l’afa, per permettere a noi di mangiare cibo comodamente seduti sul divano.

La ragazza nigeriana, scappata per avere un futuro, per non morire, e ritrovatasi appartata in una macchina con un corpulento uomo sposato, per 20 euro, al ciglio della strada.

Chi dovrebbe essere in pensione e non lo è ancora, chi raccoglie pomodori a 40 gradi sotto il sole per due euro l’ora; oppure chi, per colpa della mancata formazione (sempre troppo costosa), sul lavoro ci lascia la pelle.

La generazione che oggi sta affrontando gli studi universitari, figlia della crisi, cresciuta con la visione sempre più distopica del lavoro.

Figlia della crisi significa necessariamente anche figlia del capitalismo, succube delle decisioni prese dall’alto: generazione apparentemente immobile, statica.

Sempre connessa, ma mai davvero.

Chi ne fa parte ha il dovere, ma soprattutto la responsabilità di pensare.

Da questo sorge la naturale conseguenza di dover esprimere il proprio pensiero.

Piccole realtà lo fanno, finestre di mondi immaginari che sono anche propositi per il mondo attualeE da queste si deve ripartire per inserirsi in meccanismi da troppo tempo inceppati.

Si pensa davvero che le conquiste si materializzeranno da sole. Che verranno elargite dal potente di turno.

Nessuno ci darà mai nulla, a meno che non ce lo prendiamo.

La storia dell’uomo, d’altronde, è fatta di conquiste, di dogmi smembrati dall’interno.

Non di miracoli.

Mister O

(ph: Svario)